Tra il 9 e il 10 settembre 2025 lo spazio aereo polacco è stato violato da decine di droni russi (diciannove secondo l’Agenzia Reuters), in quello che molti osservatori hanno definito l’episodio più grave degli ultimi anni sul fronte orientale della NATO. Per ore aeroporti civili come quelli di Varsavia, Lublino e Rzeszów sono rimasti chiusi, il traffico aereo è stato dirottato e la popolazione ha toccato con mano la vulnerabilità dei propri cieli. Varsavia ha invocato l’Articolo 4 del Trattato Nord Atlantico, chiedendo consultazioni immediate con gli alleati.
Non si è trattato di un’invasione convenzionale, ma il messaggio era chiaro: Mosca può destabilizzare la NATO con strumenti economici, difficili da intercettare e ambigui dal punto di vista giuridico.
Al centro delle preoccupazioni torna il corridoio di Suwałki, quel tratto di 65 chilometri che separa la Polonia dalla Lituania, incastonato tra Kaliningrad e la Bielorussia. Considerato per anni l’anello debole della difesa europea, oggi rischia di diventare il terreno dove si giocherà la nuova partita della deterrenza.
La sua conformazione geografica lo rende un vero collo di bottiglia: se Russia e Bielorussia riuscissero a controllarlo o anche solo a minacciarlo, Estonia, Lettonia e Lituania verrebbero isolate via terra. È per questo che gli analisti lo definiscono da tempo la “faglia più fragile” della NATO.
Per decenni sottovalutato dall’Alleanza Atlantica, negli ultimi dieci anni si è assistito a una crescita costante delle esercitazioni militari nei pressi del corridoio di Suwałki, sia da parte dell’accoppiata Russia-Bielorussia sia da parte della NATO. Nel 2018 Varsavia aveva persino ipotizzato la nascita di una base militare permanente nell’area, progetto che però non ha mai visto la luce, anche perché vietato dagli accordi NATO-Russia del 1997.

Se l’incursione dei droni ha acceso i riflettori sui rischi aerei, altrettanto preoccupante è il potenziale uso del corridoio per il transito di materiali dual-use. Con questa definizione si intendono beni che possono avere impieghi civili e militari: microchip, componenti elettronici, sensori, veicoli, droni commerciali facilmente adattabili a missioni di ricognizione o di attacco.
Le sanzioni europee vietano già l’esportazione di molti di questi prodotti verso la Russia, ma l’esperienza dimostra che il Cremlino è capace di aggirare i divieti sfruttando triangolazioni, coperture civili e falle nei controlli doganali. Il rischio è che il corridoio di Suwałki diventi non solo un obiettivo militare, ma anche una via per l’infiltrazione silenziosa di beni a duplice uso, con cui alimentare l’arsenale russo e rifornire Kaliningrado, che ospita uno dei porti più importanti della Russia sul Mar Baltico.
L’incursione in Polonia ha mostrato come i droni siano lo strumento perfetto di questa guerra ibrida. Relativamente economici, prodotti in parte con componenti civili, difficili da distinguere fra modelli commerciali e militari, rappresentano il simbolo della zona grigia tra pace e conflitto.
Abbatterli non basta: il danno politico e psicologico è già compiuto, perché costringono la NATO a reagire.

Oggi è visto come il punto più vulnerabile della NATO, un “collo di bottiglia” che potrebbe isolare i Baltici in caso di aggressione. Ma gli eventi recenti – dall’incursione dei droni russi in Polonia fino alle esercitazioni congiunte russo-bielorusse – stanno spingendo l’Alleanza a trasformare la fragilità in deterrenza.
In che modo può diventare un’opportunità:
In sintesi il corridoio può passare dall’essere “l’Achille” della NATO al diventare la sua prima linea di difesa attiva. La condizione è che l’Alleanza non resti passiva: serve trasformare la percezione di vulnerabilità in un’infrastruttura di sicurezza avanzata, pronta a reagire.
Se le provocazioni russe continueranno, la prima risposta dell’Alleanza dovrà essere proprio lì: chiudere o controllare strettamente il corridoio. Non si tratterà soltanto di aumentare i posti di blocco, ma di militarizzare la zona con sistemi di difesa aerea, radar e forze multinazionali permanenti. Una misura che trasformerebbe il Suwałki Gap da punto debole a simbolo di deterrenza. Il messaggio a Mosca sarebbe inequivocabile: ogni tentativo di destabilizzazione troverà una risposta immediata e collettiva.

Oltre all’aspetto militare, il corridoio di Suwałki può diventare anche un potente simbolo politico. Difenderlo significa garantire che l’Est Europa non sia terra di conquista, ma frontiera collettivamente protetta. Significa mostrare ai cittadini baltici che la NATO non li abbandonerà mai isolati. Significa ricordare a Mosca che ogni metro di confine dell’Alleanza è considerato vitale. In tempi di propaganda e guerra ibrida, la percezione conta quanto la realtà: trasformare il Suwałki Gap in un bastione significa vincere anche sul piano psicologico.
Il corridoio di Suwałki resterà sempre un punto delicato della geografia europea, ma oggi non deve più essere visto soltanto come un problema. L’uso dei droni hanno mostrato che la guerra moderna non si combatte solo con carri armati, ma con strumenti ibridi, ambigui, spesso dual-use. Proprio per questo la NATO ha la possibilità di ribaltare lo scenario: militarizzare il corridoio, rafforzare le infrastrutture, renderlo una linea rossa invalicabile. Quello che per anni è stato definito l’anello debole dell’Alleanza può diventare il suo simbolo di coesione.
Da vulnerabilità a deterrenza, da rischio a opportunità: Suwałki è destinato a diventare il banco di prova per la NATO.

Suwałki, da punto debole a linea rossa: come la NATO può trasformare il corridoio in opportunità strategica






