L’incursione di droni russi nello spazio aereo polacco, abbattuti nella notte del 10 settembre 2025, ha mostrato quanto rapidamente il conflitto ibrido stia trasformando il campo di battaglia europeo. Varsavia ha denunciato un attacco deliberato e la NATO è intervenuta con una risposta collettiva che ha incluso anche velivoli NATO . L’episodio non è un incidente isolato, ma un precedente pericoloso che dimostra come la difesa aerea e la superiorità tecnologica siano diventate questioni vitali.
Negli ultimi anni l’Italia ha mostrato segnali di vitalità nel settore della difesa: l’industria nazionale è ormai la sesta al mondo per esportazioni e registra un’espansione fatta di nuovi stabilimenti, assunzioni di tecnici e ingegneri e crescita del fatturato. Anche sul piano tecnologico non mancano i tentativi di innovazione, con l’Aeronautica che ha avviato sperimentazioni di droni mini e micro e la Marina che ha inserito sistemi unmanned nelle proprie esercitazioni. Tuttavia, questi passi in avanti non bastano. I progetti restano spesso confinati alla fase sperimentale, mentre la minaccia evolve con rapidità. Lo stesso Stato Maggiore dell’Aeronautica ha identificato i droni intelligenti e l’intelligenza artificiale come architrave della nuova difesa, ma il ritmo con cui queste capacità vengono tradotte in strumenti operativi resta insufficiente. Anche la strategia nazionale, che punta su deterrenza avanzata, spazio e nuovi sistemi, rischia di essere troppo proiettata sul lungo periodo, mentre ciò che serve è una capacità immediata e concreta di difesa contro la minaccia già in corso.
Il caso polacco conferma che non basta disporre di sistemi radar o intercettori tradizionali: i droni low-cost e ad alta densità richiedono una difesa stratificata. tecnologicamente diversificata e integrata in tempo reale grazie al supporto dell’intelligenza artificiale. L’Italia, come gli alleati NATO, deve accelerare su 3 assi fondamentali:

Le sfide che l’Italia deve affrontare sono numerose e non rinviabili. La velocità decisionale rimane il primo punto critico: troppi programmi vengono avviati senza una chiara traduzione in capacità operative, mentre la minaccia non concede tregua. Anche la filiera industriale si rivela vulnerabile, esposta al rischio di acquisizioni estere e priva di una protezione strategica che salvaguardi la sovranità tecnologica nazionale. Sul fronte dei finanziamenti, nonostante i progressi degli ultimi anni, le risorse restano insufficienti a costruire una massa critica di progetti: servono fondi mirati, accesso rapido ai programmi europei e una piena partecipazione alle iniziative NATO. A queste criticità si aggiunge la formazione: senza un aggiornamento capillare del personale militare e tecnico, che includa addestramento specifico sulla guerra elettronica e sull’uso integrato di droni e intelligenza artificiale, anche le migliori tecnologie rischiano di rimanere strumenti incompiuti. In sintesi, l’Italia ha gli strumenti per colmare il gap, ma manca ancora la volontà di imprimere la necessaria accelerazione.

Dall’Ucraina alla Polonia, fino al Baltico e al Mediterraneo, gli episodi dimostrano che la minaccia è già presente e in crescita. Non si tratta più di prepararsi a un futuro ipotetico: la rivoluzione dei droni e dell’IA è in corso, e chi resta indietro rischia di subire piuttosto che guidare.
L’Italia, con la sua tradizione industriale e tecnologica, ha le basi per un salto di qualità, ma servono decisioni coraggiose, risorse straordinarie e un cambio di mentalità.
Il caso Polonia ci mette davanti a una verità semplice: il cambiamento non è un’opzione, ma una necessità immediata. Solo accelerando sulla rivoluzione tecnologica basata su droni, IA e contromisure C-UAS – elettromagnetiche, cinetiche e laser – l’Italia potrà contribuire in modo decisivo alla sicurezza dell’Alleanza e alla protezione del proprio futuro.

Attacco alla Polonia - in Italia è urgente il cambiamento su droni, C-UAS e IA






