Il soldato del Terzo Millennio non è solo un combattente addestrato all’uso delle armi, ma una figura complessa e multifunzionale: tecnologicamente competente, intellettualmente autonoma e capace di agire con prontezza in contesti fluidi e multidimensionali. A delineare questa nuova figura è il Generale Carmine Masiello, Vicecapo di Stato Maggiore della Difesa, che in un’analisi lucida e articolata offre la sua visione del futuro delle Forze Armate italiane.
Secondo Masiello, le democrazie occidentali devono fare i conti con una realtà geopolitica sempre più instabile e con minacce che si manifestano con velocità inedita. A fronte di processi decisionali lenti e strutture istituzionali ancora legate a modelli passati, diventa urgente sincronizzare i tempi della politica con quelli dell’azione militare. La guerra, sostiene il Generale, non è più un fatto solo militare: «coinvolge l’intero sistema-Paese».
Nel teatro bellico contemporaneo, il militare è parte di un ecosistema operativo avanzato. Il conflitto in Ucraina ha mostrato che le capacità individuali devono integrarsi con strumenti tecnologici complessi: dai droni ai sistemi cibernetici, dalla guerra elettronica alla protezione delle reti informatiche. «Pensare di sostituire l’uomo con un esercito di droni è illusorio – afferma Masiello –. Il controllo del terreno richiede ancora la presenza fisica del soldato».
A conferma dell’importanza crescente del dominio cyber, il Generale cita il sistema “Dome”, una cupola digitale che protegge le truppe sul campo neutralizzando attacchi informatici e salvaguardando le comunicazioni operative.

Masiello individua tre dimensioni della guerra attuale:
Un altro nodo centrale è quello della velocità con cui la Difesa è in grado di adattarsi. Il Ministro Guido Crosetto, ricorda Masiello, ha più volte denunciato i ritardi del procurement militare. La lentezza burocratica è incompatibile con l’evoluzione rapida delle minacce. Per questo la Direzione Nazionale Armamenti è chiamata a diventare non solo un centro amministrativo, ma un luogo in cui si elabora pensiero strategico e si integrano produzione industriale e innovazione tecnologica.
Il soldato moderno deve essere anche un leader. La leadership, dice Masiello, non può limitarsi alla reazione: deve essere capacità di iniziativa, soprattutto nei livelli inferiori della catena di comando. L’esempio ucraino dimostra come siano spesso giovani militari a trovare soluzioni operative con risorse minime, costruendo in autonomia droni, software e tattiche efficaci.
Per sostenere questa evoluzione, l’Esercito deve uscire dalla rigidità mentale tipica delle organizzazioni gerarchiche. Ed è proprio in questa ottica che il Generale ha introdotto lo studio della filosofia nelle scuole militari: «Vogliamo formare ufficiali capaci di pensare in modo critico, laterale e indipendente. Le idee non hanno gradi».

In un’epoca in cui le guerre si combattono con strumenti non convenzionali e in domini ibridi, non bastano più competenza tecnica e disciplina. Serve una rivoluzione culturale. Il contributo dei giovani è decisivo: non solo per la loro dimestichezza con le tecnologie, ma perché rappresentano la linfa vitale di un esercito capace di trasformarsi e anticipare le sfide.
In definitiva, il “soldato del futuro” che Masiello tratteggia non è solo un professionista della guerra, ma un operatore integrato, un innovatore, un pensatore. Un uomo – o una donna – capace di agire con efficacia nel caos, di scegliere con responsabilità sotto pressione e di contribuire con intelligenza e creatività alla difesa del Paese.

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