Le grandi manovre intorno all’Artico e al suo futuro sono al centro dell’attenzione di governi, apparati militari, analisti e comunità scientifica. Il progressivo scioglimento dei ghiacci, l’apertura di nuove rotte commerciali e la presenza di enormi risorse energetiche e minerarie hanno trasformato il “Grande Nord” da regione remota a crocevia strategico globale. Lo scioglimento della calotta artica renderà sempre più spesso praticabili corridoi marittimi che collegano Atlantico e Pacifico in modo più diretto rispetto ai passaggi di Suez e Panama. Ciò promette tempi di navigazione più brevi e minori costi per il trasporto merci, ma comporta allo stesso tempo un aumento delle vulnerabilità. Il traffico marittimo si intensificherà in prossimità di coste sensibili e basi militari, le flotte di superficie e sottomarine avranno nuove possibilità di movimento e infrastrutture come pipeline, gasdotti e cavi dati sottomarini diventeranno bersagli ancora più delicati. Per controllare questo scenario, gli Stati impiegano navi militari, satelliti, sensori, droni e sistemi avanzati di sorveglianza, come già accade in Mediterraneo e nei grandi stretti strategici, da Aden a Hormuz.

Nel teatro artico si confrontano in particolare Canada, Danimarca con la Groenlandia, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Russia e Stati Uniti. Se la tendenza climatica attuale proseguirà, nei prossimi decenni le rotte artiche resteranno libere dai ghiacci per periodi sempre più lunghi. Queste vie favoriranno i commerci ma alimenteranno anche contese politiche e giuridiche. La Russia punta a esercitare un forte controllo sulla Rotta del Mare del Nord, definendo regole proprie che non sono condivise dagli Stati Uniti, storicamente schierati a difesa della libertà dei mari. Il Canada, dal canto suo, sostiene una linea protezionistica sul Passaggio a Nord-Ovest, che in parte considera acque interne. Su questo sfondo si aggiunge la competizione per le risorse energetiche, minerarie e di pesca, mentre dopo l’invasione dell’Ucraina l’Occidente ha aumentato la presenza militare nell’area, confermando il valore strategico dell’Artico.
Anche la Cina guarda al Grande Nord come a una possibile via alternativa per i traffici e come sezione “polare” collegata ai corridoi della Nuova Via della Seta. Pechino investe in navi e infrastrutture idonee a operare tra i ghiacci, cercando al tempo stesso cooperazione con Mosca nello sfruttamento delle risorse e nella pesca. Questo asse tra Russia e Cina alimenta il timore che l’Artico passi da spazio regolato dal diritto internazionale a zona di fatto controllata da poche potenze. In risposta, la Nato ha riportato l’attenzione sul Grande Nord: dopo un lungo periodo in cui il baricentro dell’Alleanza si era spostato verso Sud, la guerra in Ucraina ha rilanciato la centralità del corridoio tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito, punto chiave per l’accesso alle rotte polari. La presenza navale è stata rafforzata e sono stati ripresi programmi di addestramento in condizioni estreme, consapevoli che la dimensione artica è tornata a essere un tassello essenziale della sicurezza euroatlantica.

L’Italia, pur essendo un Paese mediterraneo, ha sviluppato nel tempo una presenza significativa nelle regioni polari. È osservatore al Consiglio Artico, dispone di una base scientifica nelle Svalbard e partecipa con la Marina Militare a campagne in mare del Nord, Atlantico e aree sub-artiche. Le attività di ricerca forniscono dati fondamentali su clima, ghiacci, correnti, fondali e propagazione del suono in ambiente marino, informazioni indispensabili tanto per le politiche ambientali quanto per la pianificazione militare e la protezione delle rotte e delle infrastrutture sottomarine.
Per gestire in modo coerente gli interessi di sicurezza negli ambienti polari, il Ministero della Difesa ha istituito un comitato interforze dedicato all’Artico, al sub-Artico e all’Antartide. Questo organismo coordina le esigenze di Marina, Esercito, Aeronautica e Carabinieri, definendo obiettivi comuni, programmi addestrativi e requisiti per i mezzi adatti ai climi estremi. Il comitato contribuisce a delineare una vera strategia per gli ambienti polari, individuando priorità in termini di capacità operative, comunicazioni ad alte latitudini e protezione delle infrastrutture marine e sottomarine. In parallelo, lavora a stretto contatto con gli organismi nazionali di ricerca artica, valorizzando le campagne in mare che generano conoscenze utili sia alla comunità scientifica sia alla sicurezza marittima. Attraverso studi, simulazioni ed esercitazioni specifiche, sostiene la formazione di personale esperto nelle peculiarità del Grande Nord e collabora con gli altri ministeri per aggiornare la strategia italiana per l’Artico e sviluppare un polo nazionale dedicato alle regioni polari. In questo modo, la presenza italiana nell’Artico diventa più coordinata e consapevole, riconoscendo che le dinamiche tra i ghiacci hanno ricadute dirette sul Mediterraneo, sull’economia e sulla sicurezza del Paese.

L’Artico, nuovo nervo scoperto del pianeta
Fonte: https://www.quotidiano.net/esteri/intervista-ammiraglio-guerra-artico-i5ky2wjl
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