Il processo sul cosiddetto “battesimo del volo” ai danni di Giulia Schiff, ex allieva pilota dell’Aeronautica Militare, prosegue a Latina ed è entrato in una fase cruciale. Nella requisitoria, il pubblico ministero Antonio Sgarrella ha chiesto la condanna a un anno di reclusione per otto militari accusati di atti di nonnismo. I fatti contestati risalgono all’aprile 2018, durante il corso di addestramento al 70° Stormo di Latina Scalo.
Secondo la procura, quello che in ambito militare viene spesso presentato come un rito goliardico di iniziazione si trasformò in un episodio di violenza collettiva. Schiff, allora 19enne, sarebbe stata colpita con circa cento frustate utilizzando fascette vegetali, spinta contro l’ala di un velivolo e infine gettata in piscina. Durante l’intera sequenza, la giovane avrebbe chiesto più volte di smettere, senza essere ascoltata.
Il pubblico ministero ha sottolineato in aula che «Giulia Schiff è stata costretta a subire contro la sua volontà quella pratica. La sua volontà è stata azzerata e spezzata. È stato un inferno».
Un ruolo rilevante nell’accusa lo riveste un video girato durante l’episodio, acquisito agli atti del processo. Nelle immagini, la giovane appare mentre implora di essere lasciata a terra, mentre una voce fuori campo, in dialetto romanesco, commenta: «La stanno a massacra’». Per l’accusa, quel dettaglio testimonia che si trattava di un abuso e non di un gioco condiviso fra pari.
La parte civile, rappresentata dall’avvocato Massimiliano Strampelli, ha chiesto un risarcimento di 70 mila euro a titolo di danni morali e materiali. In aula, Giulia Schiff era presente insieme al marito e al figlio di cinque mesi. La sua presenza, accompagnata dalla famiglia, ha avuto un forte impatto sul dibattimento.
Secondo la ricostruzione dell’avvocato Strampelli, il rito non fu un episodio goliardico, ma un’azione organizzata con l’intento di colpirla. «Quel rito fu una via crucis e un’imboscata – ha dichiarato – organizzata per punirla, perché non era amata e c’erano motivi di risentimento nei suoi confronti».
La linea difensiva degli otto imputati è incentrata sulla volontarietà della pratica. Secondo gli avvocati, l’allieva avrebbe potuto sottrarsi al rito in qualsiasi momento, fermando la cerimonia. L’accusa, tuttavia, contesta questa visione e sottolinea che Schiff non era nelle condizioni di interrompere ciò che stava accadendo. «Non era padrona del suo corpo – ha affermato la parte civile – gli imputati hanno perso il senso del limite e nessuno è intervenuto per fermare la situazione».
Il processo si concentra quindi su un nodo centrale: stabilire se il “battesimo del volo” rientri in una tradizione di spirito cameratesco, oppure se si configuri come una condotta lesiva e forzata, priva di consenso.
La prossima udienza è fissata per il 22 settembre e sarà dedicata alle arringhe difensive. In quella sede, i legali degli imputati cercheranno di ridimensionare l’accusa e di sostenere la legittimità del rito. La sentenza è attesa nelle settimane successive e stabilirà l’esito di un procedimento che ha attirato l’attenzione pubblica fin dall’inizio.
La vicenda ha avuto anche conseguenze sul percorso personale e professionale di Giulia Schiff. Dopo l’episodio e la successiva denuncia, la giovane si è allontanata dall’Aeronautica Militare e dalla carriera da pilota in Italia. Negli anni successivi ha vissuto esperienze all’estero, tra cui la partecipazione volontaria al fronte in Ucraina e il trasferimento in Israele, dove oggi vive con il marito Victor e il loro bambino.
La sua testimonianza in aula, rafforzata dal materiale video acquisito, rimane al centro del procedimento. L’esito del processo dovrà chiarire le responsabilità degli imputati e stabilire se quella pratica, tradizionalmente associata all’ingresso nel mondo del volo militare, abbia oltrepassato il limite della legalità e del rispetto della persona.

Processo sul “battesimo del volo” a Giulia Schiff: chieste otto condanne






