La notizia dell’arrivo di una portaerei turca al largo di Brindisi ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori. Non si tratta di una nave qualsiasi: il TCG Anadolu, fiore all’occhiello della Marina di Ankara, è la prima portaerei al mondo attrezzata per operare con droni da combattimento. La sua presenza davanti alle coste pugliesi è stata interpretata come una chiara dimostrazione di forza e un messaggio politico, in un Mediterraneo già segnato da tensioni e rivalità strategiche.
L’Anadolu è un’unità anfibia derivata dal progetto spagnolo Juan Carlos I, ma modificata per diventare un “drone carrier”: una piattaforma capace di lanciare velivoli senza pilota come i Bayraktar TB3 e i più avanzati Kızılelma, droni a reazione da combattimento sviluppati dall’industria turca. L’idea di una portaerei senza aerei tradizionali, ma pensata per UAV, rappresenta una novità assoluta e riflette l’ambizione della Turchia di ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle dottrine navali del futuro.

Se la presenza della nave turca davanti a Brindisi ha destato sorpresa, non è certo un fulmine a ciel sereno. Negli ultimi anni Ankara ha investito enormemente nel rafforzamento delle proprie capacità marittime, puntando sulla tecnologia unmanned per rendere più economica, flessibile e meno vulnerabile la proiezione di potenza in mare aperto. La scelta di mostrare l’Anadolu così vicino alle coste italiane si inserisce in una strategia più ampia di affermazione geopolitica, che va dalla Libia al Mar Nero, passando per il Mediterraneo orientale.
La comparsa dell’Anadolu a Brindisi va letta all’interno di un disegno strategico che guarda al futuro. La Turchia ha già avviato la costruzione della MUGEM, una nuova portaerei di oltre 280 metri che dovrebbe entrare in servizio entro il 2030 e che sarà in grado di operare un’intera flotta di droni di nuova generazione. Questo progetto conferma come Ankara intenda posizionarsi tra le potenze navali emergenti, utilizzando il vantaggio tecnologico dei velivoli senza pilota per compensare la mancanza di grandi portaerei convenzionali.
Il Mediterraneo, già ricco di attori e interessi contrapposti, diventa così il teatro in cui la Turchia sperimenta le sue nuove capacità. Per l’Italia, vedere una nave simile davanti a Brindisi non è solo un fatto di cronaca: è un campanello d’allarme che richiama l’attenzione sulla crescente assertività di Ankara e sulla necessità di una risposta coordinata a livello europeo e NATO.

C’è poi un curioso paradosso. Mentre la Turchia mostra i muscoli in mare, sul fronte industriale si moltiplicano le collaborazioni con l’Italia. Leonardo ha firmato un’intesa con Baykar, l’azienda produttrice dei Bayraktar, aprendo la strada a partnership tecnologiche e industriali. Da un lato, dunque, Ankara si affaccia con la sua portaerei a droni davanti alle coste pugliesi; dall’altro, Roma stringe accordi con le sue imprese per lo sviluppo di nuove capacità.
Il futuro delle “drone carrier” resta ancora incerto, ma un fatto appare chiaro: il Mediterraneo è ormai un mare conteso non soltanto per le rotte commerciali ed energetiche, ma come laboratorio delle nuove dottrine militari. La Turchia, con l’Anadolu e la futura MUGEM, ha dimostrato di voler essere protagonista di questa trasformazione. Per l’Italia, e per l’Europa, si tratta di un segnale impossibile da ignorare.






