Il 2 maggio 1975 l’Italia ha sottoscritto il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), impegnandosi a non ricevere, possedere o controllare armi nucleari. Eppure, secondo stime non ufficiali, nel nostro Paese sarebbero oggi stoccate tra le 70 e le 90 bombe nucleari B61 statunitensi, distribuite tra le basi di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia).
Un sondaggio Ipsos, seppur datato, mostrava che l’80% degli italiani è contrario alla presenza di testate atomiche sul territorio nazionale. La questione, tuttavia, non è mai stata oggetto di un vero dibattito pubblico, restando confinata a decisioni politico-militari prese a porte chiuse.

Subito dopo la Seconda guerra mondiale, le Forze Armate italiane tentarono di sviluppare capacità nucleari proprie.
In risposta, Roma lanciò un programma autonomo che culminò nello sviluppo del missile balistico Alfa e nella conversione dell’incrociatore Giuseppe Garibaldi per impieghi nucleari. Il primo test dell’Alfa, nel 1976 a Salto di Quirra, fu un successo tecnico, ma il progetto si chiuse l’anno dopo la firma del TNP.
La presenza di bombe atomiche in Italia rientra nel programma NATO di condivisione nucleare (nuclear sharing), in cui:
A Ghedi, i Tornado italiani (e in futuro gli F-35) sono certificati per trasportare le B61. Qui l’operatività è gestita in coordinamento con la NATO.
Ad Aviano, invece, gli ordigni sono sotto pieno controllo USA e imbarcati sui caccia F-16 americani, anch’essi in fase di sostituzione con F-35.
Le B61 Mod.3 e Mod.4 sono bombe a caduta libera con potenza regolabile fino a 45-60 kilotoni, destinate a impieghi tattici e strategici. La loro presenza, confermata da fonti specializzate ma mai ufficialmente riconosciuta dal governo italiano, rende le due basi obiettivi primari in caso di conflitto nucleare.

Secondo il documento ufficiale NATO’s nuclear deterrence policy and forces (aggiornato al 24 giugno 2025), le armi nucleari restano «un elemento fondamentale delle capacità complessive dell’Alleanza per la deterrenza e la difesa, accanto alle forze convenzionali e di difesa missilistica».
La NATO sottolinea che:
Il documento ribadisce anche l’importanza della “partecipazione più ampia possibile” degli Alleati nei programmi di condivisione nucleare, proprio come avviene in Italia.

La collocazione delle B61 ad Aviano e Ghedi ha implicazioni significative:
Nel contesto delle tensioni con la Russia e della guerra in Ucraina, il presidente Vladimir Putin ha più volte evocato la minaccia nucleare. La NATO, dal canto suo, ribadisce l’impegno a mantenere la credibilità della propria deterrenza, modernizzando i sistemi e migliorando la prontezza operativa anche contro minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari.
La storia delle armi nucleari in Italia intreccia ambizioni nazionali, decisioni geopolitiche e la strategia nucleare collettiva della NATO. Oggi, ufficialmente Paese non nucleare, l’Italia è parte di un sistema di deterrenza che la colloca al centro di equilibri strategici globali, con tutti i rischi e le responsabilità che questo comporta.

Armi nucleari in Italia: storia, NATO e rischi attuali - DEFENSANEWS.COM - Noticias defensa y seguridad






