Il conflitto in Ucraina continua a sollevare interrogativi sul ruolo della Nato e sulle possibili garanzie di sicurezza da offrire a Kiev. Molti osservatori richiamano l’attenzione sull’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, il dispositivo che prevede il mutuo soccorso tra i Paesi membri in caso di aggressione. Ma, come ricorda il Generale Marco Bertolini – già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Paracadutisti “Folgore” – la sua interpretazione non deve essere equivocata.
L’articolo 5 rappresenta il pilastro dell’Alleanza Atlantica: gli Stati membri concordano che «un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nel Nord America sarà considerato un attacco contro tutte». Di conseguenza, ciascun Paese ha l’obbligo di intervenire in soccorso dello Stato aggredito «intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che ritiene necessaria, incluso l’uso della forza armata».
Tuttavia, come sottolinea Bertolini, ciò non implica un’automatica entrata in guerra: ogni nazione mantiene la facoltà di decidere modalità e strumenti del proprio intervento.

Secondo Bertolini, «è un errore di percezione pubblica pensare che l’articolo 5 implichi l’ingresso automatico in guerra degli alleati contro l’aggressore». L’interpretazione, osserva il generale, deve essere letta con attenzione: «Tutti devono impegnarsi a sostenere l’aggredito con i mezzi che considerano necessari, ma non necessariamente militari».
Il punto centrale è che l’Ucraina non fa parte della Nato. «La sua adesione – osserva – è proprio il motivo scatenante dell’operazione russa. Invocare l’articolo 5 per Kiev sarebbe per Mosca del tutto inaccettabile. Inoltre, sul terreno, la Russia sta mantenendo le proprie posizioni: perché mai dovrebbe retrocedere?».
Nonostante l’Ucraina non sia uno dei 32 membri dell’Alleanza, il dibattito è stato riacceso da una proposta avanzata dalla premier Giorgia Meloni al Consiglio europeo straordinario del 6 marzo scorso, che suggeriva l’estensione delle garanzie Nato anche a Kiev. La stessa ipotesi è poi emersa nel summit di Anchorage, quando Donald Trump ne ha discusso con Vladimir Putin.
Secondo quanto riferito dall’inviato speciale americano Steve Witkoff, Mosca avrebbe mostrato una disponibilità di principio, a condizione che vengano sanciti i nuovi confini: la Russia rivendica l’intero Donbass, che tuttavia controlla solo in parte. Una prospettiva difficile da accettare per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Nella storia della Nato l’articolo 5 è stato invocato una sola volta: dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Il 2 ottobre di quell’anno fu riconosciuto che l’aggressione proveniva dall’estero e la Nato decise di inviare truppe in Afghanistan. Un precedente che dimostra come il meccanismo non sia automatico ma richieda valutazioni politiche e operative condivise.
L’eventuale estensione delle garanzie dell’articolo 5 all’Ucraina solleva numerose incognite.
Alla luce di questi ostacoli, l’ipotesi più realistica resta quella di un meccanismo ispirato all’articolo 5, ma basato sull’adesione di un gruppo di “Paesi volenterosi”. Si tratterebbe di una forza di deterrenza che non preveda la presenza diretta di soldati Nato in Ucraina, ma offra garanzie politiche e militari per rafforzare la posizione di Kiev.
Bertolini, tuttavia, avverte: «Si tratta spesso degli stessi Paesi che hanno destabilizzato la Libia sotto i nostri occhi. Non possiamo ignorare il rischio di ripetere errori già visti».

Il generale sottolinea che ogni architettura di sicurezza deve essere valida per entrambe le parti: «Noi europei pensiamo a garanzie come a un muro contro eventuali nuovi interventi russi; la Russia, invece, le concepisce come protezione da possibili minacce provenienti dall’Ucraina o dalla Nato».
Non a caso, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha ribadito che qualsiasi sistema di sicurezza futuro dovrà includere anche la Cina, segnalando l’ingresso ormai irreversibile in una logica multipolare.
Il dibattito resta aperto: da un lato Kiev reclama garanzie concrete, dall’altro Mosca non intende arretrare. Nel mezzo, l’Europa e la Nato cercano una formula che unisca deterrenza e diplomazia senza sfociare in uno scontro diretto con la Russia. Il monito del generale Bertolini, in questo contesto, è chiaro: evitare illusioni sull’automatismo dell’articolo 5 e ricordare che la credibilità di ogni garanzia di sicurezza dipende dall’equilibrio delle parti in campo.

Ucraina e Articolo 5, il generale Bertolini: «Non vuol dire entrare in guerra»






