L’11 luglio 1995, nella cittadina bosniaca di Srebrenica, designata dalle Nazioni Unite come “area protetta”, si consumò uno dei crimini più atroci del dopoguerra europeo: l’esecuzione sistematica di circa 8.000 uomini e ragazzi musulmani bosniaci da parte delle forze serbo-bosniache. Trenta anni dopo, quella strage continua a proiettare la sua ombra sulla coscienza dell’Europa.
La comunità internazionale sapeva. E non agì. La strage di Srebrenica fu il risultato finale di tre anni di massacri, pulizia etnica, assedi e indifferenza. I caschi blu olandesi, circa 400 uomini dispiegati per proteggere l’enclave, erano a corto di rifornimenti e munizioni, ostacolati dai blocchi serbi. I comandi ONU non vollero – o non seppero – credere che l’attacco sarebbe avvenuto davvero. Ma era già successo altrove: a Vlasenica, a Bratunac. C’erano precedenti, ignorati colpevolmente.

Srebrenica era già affollata di profughi scampati ai primi pogrom del 1992. Quella città, teoricamente inviolabile, divenne il teatro di un genocidio compiuto “alla luce del sole e nel segreto”, come scrisse uno dei pochi testimoni sopravvissuti.
Le immagini emerse negli anni successivi sono di una potenza sconvolgente. Corpi gettati in fosse comuni. Donne disperate che affrontano soldati ONU impassibili. Bambini rifugiati caricati su camion. Le foto dei prigionieri musulmani nei campi di Trnopolje e Omarska, scheletrici e annientati, avevano già scioccato l’opinione pubblica occidentale nel 1992. Eppure, come sottolineò il giornalista Ed Vulliamy, lo sdegno si spense in un’alzata di spalle collettiva.
Il presidente Clinton dichiarò nel 1994: “Lì si uccidono da sempre”. Con una sola frase, l’America – e con essa l’Occidente – si lavò le mani della Bosnia.
La guerra in Bosnia fu anche il trionfo del nazionalismo più brutale. Radovan Karadžić e Slobodan Milošević seppero manipolare la storia e le paure collettive, dipingendo i musulmani di Bosnia come gli “Ottomani di ritorno”, nemici millenari da estirpare. La convivenza jugoslava si dissolse in pochi mesi, lasciando spazio a una caccia all’uomo su base etnica.
A Srebrenica, i maschi musulmani furono separati e giustiziati, mentre donne, bambini e anziani venivano deportati. Alcuni cercarono di fuggire nei boschi, ma furono intercettati e sterminati. In un magazzino a Kravica, oltre mille uomini furono uccisi in poche ore.

Solo anni dopo furono ritrovate le fosse comuni. I resti, spesso smembrati, furono riesumati e identificati grazie al DNA. Il dolore, però, resta incancellabile. A Tuzla, negli occhi delle vedove e dei figli orfani, c’era non solo il lutto, ma una rabbia muta contro l’Europa e la sua inerzia.
Un’immagine simbolo resta quella di Ferida Osmanovic, giovane madre che si impiccò nei boschi dopo aver perso il marito. Il suo corpo fu ritrovato vicino a una base ONU. Il suo volto divenne icona della disperazione e della vergogna. Costrinse anche il vicepresidente USA Al Gore a domandarsi: “Perché non stiamo facendo nulla?”
Solo dopo Srebrenica, e il successivo massacro al mercato di Sarajevo, l’Occidente si mosse. I bombardamenti NATO del settembre 1995 costrinsero Milošević al tavolo negoziale. Da qui nacque l’accordo di Dayton. La guerra finì, ma la pace lasciò profonde cicatrici.
Srebrenica, paradossalmente, fu assegnata alla Repubblica Serba di Bosnia. Il ritorno dei profughi fu minimo. La verità, negata a Belgrado per decenni, ostacolò ogni tentativo di riconciliazione.

Oggi, nel pieno di una nuova guerra in Europa, le immagini di allora sembrano riemergere: città distrutte, profughi, esecuzioni sommarie. Srebrenica non è solo un capitolo del passato, ma un monito per il presente. L’odio nazionalista, come dimostra l’Ucraina, è sempre pronto a risorgere, a divorare tutto ciò che trova sulla sua strada.
Come scrisse Isaiah Berlin, il secolo XX fu “il più terribile della storia”. Ma nulla ci garantisce che il XXI sarà diverso, se non impariamo da tragedie come quella di Srebrenica.

Srebrenica, un massacro annunciato e mai dimenticato - DIFESANEWS.COM - Notizie difesa, sicurezza e geopolitica
Fonte: https://www.nytimes.com/2025/07/11/world/europe/srebrenica-massacre-bosnia.html
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