L’US Air Force ha avviato un programma per ottenere un’“identica copia” del drone iraniano Shahed-136, tristemente noto per il suo impiego massiccio da parte della Russia contro l’Ucraina. L’obiettivo è chiaro: disporre di un bersaglio realistico con cui testare e sviluppare sistemi di difesa di nuova generazione contro una delle minacce asimmetriche più diffuse dello scenario bellico contemporaneo.
Secondo una Request for Information (RFI) pubblicata ad agosto, il servizio intende acquisire inizialmente 16 esemplari del sistema, con l’opzione di arrivare fino a 36 unità. La specifica è stringente: il velivolo deve essere una copia in scala 1:1 per forma, profilo e capacità, con un payload compreso tra i 30 e i 45 kg e un’autonomia minima di 50 miglia. Quest’ultimo requisito è ben al di sotto della portata reale dello Shahed-136, che supera i mille chilometri, ma sufficiente per fini di collaudo e valutazione delle contromisure.
L’USAF sottolinea che non fornirà un pacchetto di dati tecnici preesistente: saranno dunque le aziende a dover realizzare da zero il progetto di reverse engineering, replicando dimensioni, prestazioni e caratteristiche del drone originale.

Lo Shahed-136, progettato in Iran e prodotto anche su licenza russa, si è imposto come strumento d’attacco prediletto dalle forze di Mosca. Con un costo stimato tra i 30.000 e i 40.000 dollari per unità, rappresenta una sfida logistica e finanziaria per l’Ucraina e i suoi alleati: i missili intercettori occidentali utilizzati per abbatterli hanno prezzi anche decine di volte superiori. Questo squilibrio ha reso urgente la ricerca di contromisure a basso costo, che vadano oltre l’attuale difesa antiaerea convenzionale.
Gli Stati Uniti puntano dunque a una conoscenza diretta del sistema, in modo da sviluppare radar, sensori, sistemi di guerra elettronica e nuove munizioni in grado di neutralizzare la minaccia in maniera più economica e sostenibile.
Alcune aziende statunitensi si sono già mosse. Durante una dimostrazione al Pentagono lo scorso mese, la SpektreWorks, società con sede in Arizona, ha presentato il suo LUCAS (Low-Cost Uncrewed Combat Attack System), concepito per emulare il profilo di volo e le caratteristiche del drone iraniano. In parallelo, la Griffon Aerospace dell’Alabama ha lanciato l’MQM-172 Arrowhead, progettato sia come drone d’attacco che come piattaforma bersaglio.
Queste iniziative mostrano come l’industria americana stia accelerando nella corsa alla replica, con l’intento non solo di rispondere alla richiesta governativa ma anche di proporre soluzioni dual use, capaci di fungere sia da minaccia simulata che da asset operativo a basso costo.
Il programma dell’USAF si inserisce in una più ampia trasformazione delle strategie militari occidentali, che devono fare i conti con la proliferazione di droni economici e difficili da intercettare. Creare un clone del Shahed-136 non significa soltanto avere un obiettivo da colpire nei poligoni, ma gettare le basi per una nuova generazione di sistemi di difesa aerea pensati per lo scontro ad alta intensità e, al tempo stesso, economicamente sostenibile.

USAF alla ricerca di una replica del drone Shahed-136: corsa americana per sviluppare contromisure






