Spazio, cambiano le regole: il motore italiano che spinge senza fluido di scarico

CONDORALEXCONDORALEXSpazio2 settimane fa130 Visualizzazioni

Viaggiare nello spazio senza una sola goccia di propellente. Fino a ieri sarebbe sembrato un tema da romanzo di fantascienza. Oggi, invece, in un laboratorio a pochi passi dal lago di Como, è già realtà ingegneristica: Genergo, deep-tech italiana con sede nel comasco, ha ideato e sviluppato un sistema di propulsione spaziale elettromagnetica privo di propellente, già testato con successo in orbita e protetto da numerosi brevetti internazionali.

L’azienda ha messo a punto un apparato capace di trasformare direttamente l’energia elettrica in spinta tramite impulsi elettromagnetici controllati. Nessun gas da espellere, nessun ugello, nessun serbatoio di carburante: solo elettricità che diventa propulsione. Una soluzione che va oltre i tradizionali motori elettrico-ionici, da tempo utilizzati su varie missioni spaziali, e che punta a ridisegnare il modo in cui i satelliti si muovono e manovrano in orbita.

Tre missioni spaziali e oltre 700 ore in orbita

Il nuovo sistema è stato sviluppato da Genergo e portato in orbita a bordo dei satelliti ION Satellite Carrier di D-Orbit, altra realtà del comasco specializzata in piattaforme per il trasporto e il rilascio di piccoli satelliti. I test sono stati condotti nel quadro delle missioni rideshare di SpaceX, lanciate con vettore Falcon 9 nelle campagne Transporter-5, Transporter-6 e Transporter-9.

In queste tre missioni, tuttora operative, il sistema propulsivo ha superato le 700 ore di funzionamento in orbita, dimostrando un buon livello di maturità tecnologica e affidabilità. Per una tecnologia che rompe così radicalmente con i paradigmi classici della propulsione spaziale, la possibilità di validare il funzionamento direttamente nello scenario reale – lo spazio – è un passaggio essenziale.

De-orbiting controllato e sostenibilità dello Spazio

Ma a cosa servirà, concretamente, un motore spaziale senza propellente?

«La visione di Genergo è rendere la mobilità nello spazio più sicura, sostenibile e riutilizzabile» spiega Gabriele Zerbi, CEO di Genergo. «Il primo impiego commerciale della tecnologia sarà destinato inizialmente ad attività di de-orbiting controllato, ovvero il processo di abbassamento dell’orbita di un satellite o di un oggetto spaziale in modo da guidarne il rientro nell’atmosfera terrestre e provocarne la distruzione al termine della missione».

Un tassello chiave nella lotta al problema dei detriti spaziali: migliaia di satelliti e frammenti orbitano intorno alla Terra, e disporre di sistemi compatti, riutilizzabili e a basso rischio per riportarli in atmosfera è uno degli obiettivi centrali delle agenzie spaziali e degli operatori privati.

La tecnologia, sottolinea Zerbi, non si limita però al fine vita: «È adatta a tutti i tipi di satelliti, previa adeguata caratterizzazione e ingegnerizzazione».

Spazio, cambiano le regole: il motore italiano che spinge senza fluido di scarico
Spazio, cambiano le regole: il motore italiano che spinge senza fluido di scarico

Eliminare serbatoi, rischi e materiali tossici

Oggi i satelliti che dispongono di propulsione devono imbarcare propellente per eseguire manovre orbitali, mantenere la posizione, correggere l’assetto e, talvolta, rientrare in atmosfera. Questo comporta una serie di limiti e complessità.

«Il propellente occupa volume e aggiunge massa, spesso aumentata dall’hardware necessario per gestirlo – ricorda Zerbi –: serbatoi, valvole di controllo, linee di alimentazione. Introduce rischi operativi, come perdite o esplosioni, ed è comunque una risorsa limitata».

Il sistema di Genergo, al contrario, punta su una sostenibilità intrinseca:

  • nessun materiale inquinante o tossico;
  • nessun componente in pressione da stoccare;
  • nessun rischio di contaminazione dell’ambiente spaziale o in caso di rientro atmosferico.

Un’architettura che promette di semplificare la progettazione dei satelliti, liberando spazio e massa per carichi utili e strumenti scientifici, e riducendo al contempo i rischi operativi.

Dalla prova al banco alle missioni con SpaceX

Arrivare in orbita, tuttavia, non è stato affatto semplice.

«La tecnologia ha richiesto numerose sfide complesse» racconta Zerbi. «La prima è stata quella di superare la certificazione al banco prove, presso il Politecnico di Milano».

Superata la fase di laboratorio, il sistema è stato sottoposto a test in microgravità e a un rigoroso percorso di qualifica. «Abbiamo progettato e costruito da zero un sistema propulsivo completamente nuovo, che ha passato al primo tentativo tutte le prove di qualificazione e accettazione per lo spazio richieste da SpaceX e da D-Orbit. Tutto questo è stato realizzato in soli nove mesi».

Un risultato non banale, considerando gli elevati standard richiesti per accedere ai lanci commerciali e operare a bordo di piattaforme satellitari che devono garantire affidabilità per anni.

«Un risultato significativo – continua Zerbi – è stato constatare che il sistema ha funzionato al 100% dopo ciascun lancio, continuando a operare correttamente anche anni dopo. Tuttavia, la sfida maggiore è stata quella di adattare la nostra tecnologia senza propellente a un satellite reale e la capacità di ottenere risultati ripetibili nello spazio. Un traguardo che, per quanto a noi noto, nessuno era riuscito a raggiungere prima di noi».

Verso il massimo livello di maturità tecnologica

Il percorso, ora, punta a consolidare e industrializzare la tecnologia. «Abbiamo in programma l’espansione dell’azienda e il lancio di nuove missioni spaziali per l’ulteriore caratterizzazione e ingegnerizzazione della tecnologia» annuncia il CEO.

L’obiettivo dichiarato è il raggiungimento del nono livello di maturità tecnologica (TRL 9), il livello massimo: per ottenerlo occorrono più missioni di successo in cui il sistema viene utilizzato in condizioni operative reali e funziona come previsto, in modo ripetuto. Solo a quel punto la tecnologia cessa di essere considerata sperimentale e può essere adottata su larga scala.

Un progetto made in Italy, dalla ricerca all’orbita

Il nuovo sistema di propulsione è interamente made in Italy. Genergo ha collaborato con il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano per i test di misura al banco in laboratorio, e con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali dello stesso ateneo, che ha realizzato il modello fisico del satellite usato per le analisi in orbita della prima missione e ha redatto il report sulle emissioni elettromagnetiche del motore nelle fasi preliminari di qualifica.

Dalla simulazione al laboratorio, dal banco prova al Falcon 9, la storia di Genergo mostra come una realtà deep-tech italiana possa giocare un ruolo da protagonista in una delle sfide più complesse del New Space: muoversi nello spazio consumando meno risorse, riducendo i rischi e aprendo la strada a una mobilità orbitale davvero sostenibile.

Spazio, cambiano le regole: il motore italiano che spinge senza fluido di scarico

Fonte: https://www.excellencemagazine.luxury/genergo-presenta-un-sistema-innovativo-di-propulsione-spaziale/?lang=it

Scarica PDF
829 articoli pubblicati
Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor. Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET e DIFESANEWS.COM. Blogger e informatico di professione

Lascia un commento

Resta aggiornato

Iscriviti alla newsletter di DIFESA NEWS e ricevi le ultime notizie direttamente nella tua casella email.

ISCRIVITI AL CANALE
ISCRIVITI AL CANALE
Caricamento del prossimo post...
SEGUICI
Barra laterale Cerca Tendenze
Più letti
Caricamento

Accesso in 3 secondi...

Registrazione in 3 secondi...

Resta aggiornato

Iscriviti alla newsletter DIFESA NEWS e ricevi le ultime notizie direttamente nella tua casella email.