Sistemi unmanned: il futuro della Marina Militare italiana al 2035

CONDORALEXCONDORALEXMarina3 mesi fa161 Visualizzazioni

Introduzione. L’innovazione tecnologica sta rivoluzionando il modo di operare in mare. La Marina Militare italiana, nella sua visione strategica Future Combat Naval System 2035 dedicata alle operazioni multi-dominio, individua nei sistemi unmanned (mezzi senza pilota, comunemente detti droni) uno dei pilastri per mantenere efficacia e sicurezza nei futuri scenari. Questi sistemi, che comprendono velivoli a pilotaggio remoto, unità di superficie e sottomarini autonomi, permettono di estendere le capacità operative della flotta senza mettere a rischio vite umane. Di seguito vedremo cosa sono e perché sono importanti i droni navali, come la Marina intende integrarli nella propria strategia e quali sfide e vantaggi essi comportano per la sicurezza e l’operatività futura.

Cosa sono i sistemi unmanned e perché contano nel contesto navale moderno

I sistemi unmanned in ambito navale sono piattaforme senza pilota a bordo, controllate da remoto o dotate di una certa autonomia decisionale tramite sistemi di Intelligenza Artificiale. Possono essere di diverso tipo: droni aerei (UAV) che decollano da navi o basi costiere, veicoli di superficie senza equipaggio (USV) simili a piccole imbarcazioni robotiche, oppure droni subacquei autonomi (UUV/AUV) in grado di immergersi a grandi profondità. Questi mezzi trovano impiego in numerosi ruoli chiave: sorveglianza e ISR (Intelligence, Surveillance & Reconnaissance), supporto alle forze speciali (es. trasporto di squadre subacquee), ricerca e neutralizzazione di mine, trasporto logistico, pattugliamento anti-pirateria e molto altro. In sostanza i droni navali fungono da moltiplicatori di forza, estendendo il raggio d’azione e la persistenza della Marina su fronti dove le unità con equipaggio umano avrebbero costi o rischi elevati. Ad esempio, piccoli UUV possono ispezionare continuamente fondali o infrastrutture sottomarine critiche, mentre uno sciame di droni aerei può monitorare un’area vasta 24/7, fornendo un flusso costante di informazioni agli operatori.

Sistemi unmanned: il futuro della Marina Militare italiana al 2035 - difesanews.com
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Dal punto di vista strategico, l’impiego di sistemi senza pilota è diventato rilevante perché le moderne minacce sono complesse, ibride e distribuite in più domini (mare, aria, terra, spazio, cyber). Per fronteggiarle con efficacia, le marine militari devono poter “essere ovunque” in tempi rapidi, ottenere superiorità informativa e reagire in modo flessibile. I droni rispondono proprio a questa esigenza: aumentano la persistenza operativa (presenza continuativa) su aree che non potrebbero essere coperte solo da assetti con equipaggio, riducono l’esposizione del personale a situazioni pericolose e, in molti casi, consentono di svolgere missioni a costi inferiori. Nel contesto navale odierno, già diverse marine avanzate stanno integrando droni sulle proprie navi: si pensi ai programmi per avere un UAV imbarcato su ogni unità per compiti di sorveglianza marittima, riducendo la necessità di far alzare in volo elicotteri con piloti per ogni ricognizione. Anche la Marina Militare italiana, tradizionalmente all’avanguardia tecnologica, ha iniziato da alcuni anni a sperimentare varie categorie di droni in missioni reali.

È importante sottolineare che i sistemi unmanned non rimpiazzeranno completamente i mezzi tradizionali, ma ne completano le capacità. Le grandi unità navali – come fregate, cacciatorpediniere e sottomarini con equipaggio – rimarranno al centro dello strumento marittimo, ma saranno sempre più affiancate da sciami di droni piccoli e medi in grado di svolgere compiti specifici in sinergia. In altri termini, si va verso un approccio “system of systems”: la nave principale funge da nave madre o hub operativo che coordina molteplici sensori e piattaforme senza pilota dispiegate nei dintorni. In un’operazione tipica potremo vedere, ad esempio, una fregata inviare un UUV subacqueo per ispezionare un contatto sonar in profondità, lanciare un drone di superficie per esplorare una zona costiera poco accessibile e far decollare contemporaneamente un drone elicottero per la sorveglianza aerea: tutto questo mentre l’equipaggio umano resta al sicuro a bordo, concentrato sul comando e controllo della missione. Proprio questa interazione uomo-macchina è il fulcro del moderno concetto operativo nel dominio marittimo.

Integrazione dei droni nella strategia futura della Marina Militare

La Marina Militare ha pianificato di integrare in modo capillare i sistemi unmanned in tutte le dimensioni operative, investendo su tecnologie emergenti come intelligenza artificiale, autonomia decisionale e interoperabilità tra piattaforme. Nel documento “Future Combat Naval System 2035” i droni risultano una priorità di approvvigionamento per il prossimo futuro. Ciò significa che la Marina non solo acquisirà nuovi modelli di veicoli senza pilota, ma adeguerà anche le proprie navi, le dottrine d’impiego e le infrastrutture per sfruttarli al meglio. In questa visione, ogni nuova unità maggiore dovrà poter operare come una piattaforma “porta-droni” capace di lanciare, controllare e recuperare mezzi aerei, di superficie e subacquei a seconda della missione. Già oggi sono in corso studi avanzati per configurare navi multiruolo con queste capacità: ad esempio il progetto italiano denominato “Sciamano Drone Carrier” mira a progettare una nave portadroni dedicata, finanziata con il Piano Nazionale di Ricerca Militare e affidata a Fincantieri per il concept design. L’idea è dotare questa piattaforma di avanzati sistemi di comando e controllo per gestire sciami di veicoli unmanned, con relativi sistemi di lancio e recupero automatici.

Parallelamente, la Marina sta già integrando i droni sulle unità esistenti. Nel 2023, sul pattugliatore Paolo Thaon di Revel, è stata presentata la nuova versione del drone-elicottero AWHero di Leonardo, mentre sulla fregata Carlo Bergamini si sono svolti i primi lanci e recuperi del drone ad ala fissa ScanEagle fornito da Boeing. Inoltre, è in corso l’acquisizione di un totale di 14 droni tra piattaforme aeree a decollo verticale e fisso da impiegare a bordo delle navi. Sul versante subacqueo, la Marina già dispone di AUV autonomi come lo Hugin 1000 (capace di mappare il fondale fino a 3000 metri) e di ROV filoguidati come i Pluto Gigas e Multipluto per ispezioni e interventi subacquei. Questi sistemi robotici vengono impiegati, ad esempio, dai cacciamine in attività di ricerca mine e dai reparti subacquei per rilievi sui fondali e tutela dell’ambiente marino. L’obiettivo per il futuro è collegare tutti questi assetti in una rete integrata: navi, elicotteri, droni e perfino satelliti dovranno condividere dati in tempo reale, consentendo una visione unificata del campo di battaglia e decisioni più rapide e informate grazie all’AI e alle capacità di data fusion.

*Il SAND, drone di superficie sviluppato da Fincantieri, durante una dimostrazione: questo USV può navigare in autonomia per oltre 72 ore e ora è equipaggiato con un sistema di lancio per due droni subacquei (UUV), operando come vero *“nodo” multi-dominio).

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Un aspetto chiave della strategia è infatti la collaborazione tra droni e mezzi tradizionali (manned-unmanned teaming). Le piattaforme con equipaggio fungeranno da centri decisionali avanzati, in grado di dirigere sia unità pilotate sia una moltitudine di droni subordinati. Ad esempio, una nave potrà controllare contemporaneamente un gruppo di UAV in formazione (teaming aereo) oppure coordinare l’azione combinata di un drone di superficie e uno subacqueo per localizzare e neutralizzare una mina. Questo richiede elevata interoperabilità: per questo l’Italia ha guidato progetti europei come OCEAN2020, dimostrando in esercitazioni multinazionali la gestione integrata di molteplici droni eterogenei (aerei, navali, subacquei) collegati alle reti di bordo. Inoltre, l’impegno italiano nella NATO Maritime Unmanned Systems Initiative (MUSI) conferma la volontà di sviluppare standard comuni con le marine alleate e condividere progressi in tale campo.

Dal punto di vista tecnologico, la Marina sta puntando molto su autonomia e AI. I droni di nuova generazione dovranno essere capaci di navigare e compiere azioni con minima supervisione umana, sfruttando algoritmi avanzati per evitare collisioni, identificare obiettivi e adattarsi ai cambiamenti dello scenario. In parallelo, si lavora per garantire che tutti questi sistemi “comunichino” efficacemente con i sistemi d’arma e i centri di comando delle navi. Non a caso, un dirigente della Marina ha evidenziato come una delle sfide maggiori sia integrare i droni acquistati con i complessi software di combattimento delle unità navali già in servizio. Va poi ricordato che, almeno nel medio termine, l’elemento umano resterà al centro: attualmente, ad esempio, il drone di superficie SAND pur dotato di autopilota mantiene un operatore umano nel loop che supervisiona le manovre e può intervenire per le decisioni finali. Allo stesso modo, la Marina sottolinea che il personale dovrà essere formato per utilizzare al meglio queste nuove tecnologie, garantendo che l’uomo continui ad avere il controllo nei processi decisionali critici anche in presenza di sistemi autonomi avanzati.

Infine, la sostenibilità e l’innovazione procedono di pari passo: i nuovi droni e le navi che li ospiteranno verranno progettati con attenzione all’eco-compatibilità (riduzione emissioni e consumi) e alla efficienza operativa, così da aumentare l’autonomia e ridurre l’impronta logistico-manutentiva. In sintesi, la strategia futura della Marina Militare prevede una forza bilanciata e interconnessa, in cui i sistemi unmanned sono pienamente integrati insieme a sensori, armi e uomini in uno scenario multi-dominio altamente dinamico.

Sfide, vantaggi e implicazioni future per sicurezza, addestramento e sostenibilità operativa

L’adozione su larga scala di sistemi senza pilota porta con sé grandi vantaggi, ma anche nuove sfide da affrontare. Sul fronte dei vantaggi, abbiamo già evidenziato come i droni aumentino la copertura di sorveglianza e la persistenza operativa, permettendo di monitorare vaste aree marittime e subacquee continuativamente. Inoltre, essi ridimensionano i rischi per gli equipaggi umani impiegandosi in missioni duller, dirty & dangerous (noiose, sporche o pericolose) al posto di marinai in carne e ossa. Un ulteriore beneficio è la flessibilità tattica: droni di diverse dimensioni possono essere lanciati rapidamente quando serve e in numero elevato. Ad esempio, uno sciame di droni può confondere e saturare le difese avversarie, svolgendo missioni di disturbo elettronico o fungendo da esche per missili nemici. In scenario di conflitto, questo può dare un vantaggio decisivo, proteggendo al contempo le unità maggiori. I droni potranno anche svolgere compiti di ricerca e soccorso (grazie a sensori termici e telecamere, un UAV può individuare naufraghi o imbarcazioni in difficoltà molto più velocemente di un elicottero) e supporto logistico (trasportando piccoli carichi tra navi, ad esempio). Tutto ciò rende la forza navale più efficiente e reattiva.

D’altra parte, ci sono sfide importanti. Una prima riguarda la sicurezza e la difesa da minacce simili: così come noi impieghiamo droni, anche potenziali avversari lo faranno. La Marina dovrà quindi dotarsi di contromisure anti-drone (come sistemi elettronici o artiglieria rapida) e rafforzare la cybersecurity, perché droni e reti di comunicazione potrebbero essere bersaglio di attacchi informatici. Un caso emblematico che ha acceso i riflettori su queste vulnerabilità è il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream nel 2022, che ha mostrato come le infrastrutture sottomarine siano esposte a incursioni ostili. Per proteggere cavi sottomarini e oleodotti sotto il mare, l’impiego coordinato di droni subacquei e sensori fissi sarà fondamentale, ma bisognerà garantirne il funzionamento anche in presenza di tentativi di manomissione o disturbo elettronico da parte nemica. Un altro ambito sfidante è quello dottrinale e addestrativo: l’introduzione massiccia di sistemi unmanned richiede di aggiornare le tattiche e le procedure operative, e soprattutto di formare il personale a nuove competenze. Serviranno operatori specializzati per pilotare i droni (anche se in futuro molte funzioni saranno automatiche) e analisti in grado di gestire la mole di dati raccolti da queste piattaforme. La Marina ha già avviato reparti dedicati, come la Prima Sezione Aeromobili a Pilotaggio Remoto istituita per gestire gli UAV imbarcati, e dovrà continuare su questa strada investendo nell’addestramento simulato e nell’integrazione addestrativa tra equipaggi tradizionali e unità robotiche.

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Non meno importante è l’aspetto della sostenibilità operativa. Integrare decine di nuovi sistemi significa doverne garantire la manutenzione, la catena logistica (ricambi, batterie, carburanti speciali) e l’aggiornamento tecnologico costante. Vi è il rischio che l’aggiunta di droni aumenti la complessità e i costi se non si adottano soluzioni standardizzate ed efficienti. La Marina dovrà quindi ottimizzare i processi di procurement e manutenzione con un approccio più dinamico, tenendo il passo del rapido ciclo di vita dell’hi-tech. In prospettiva, l’impiego di tecnologie unmanned potrà però portare anche a risparmi: ad esempio, utilizzando piccoli droni a energia elettrica per pattugliamenti di routine al posto di grandi navi, si consumano meno carburanti fossili e si riducono le emissioni, contribuendo agli obiettivi “Green” di difesa eco-sostenibile. Inoltre, droni ben progettati possono avere costi di esercizio inferiori (meno personale impiegato, minori esigenze di bordo). L’importante sarà inserire questi sistemi in una visione di lungo periodo, facendo evolvere l’organizzazione e assicurandosi che ogni nuova capacità unmanned sia realmente utile e supportabile nel tempo.

Conclusioni. I sistemi unmanned rappresentano una trasformazione epocale per la Marina Militare e, più in generale, per il modo di concepire le operazioni navali. Il loro sviluppo e integrazione nella visione strategica al 2035 promettono di rendere la nostra forza navale più versatile, efficace e pronta ad affrontare minacce multidimensionali. Droni aerei, navali e subacquei lavoreranno in concerto con le unità tradizionali, estendendone lo sguardo e il braccio operativo ben oltre gli orizzonti attuali. Le sfide non mancano – dall’adeguamento dottrinale alla sicurezza cibernetica, dalla formazione del personale all’ammodernamento delle flotte – ma la Marina ha già intrapreso con decisione questa rotta innovativa. In ultimo, sebbene le macchine diventino più intelligenti, il fattore umano resterà centrale: saranno sempre il discernimento e l’esperienza dei marinai e dei comandanti a sfruttare al meglio queste nuove tecnologie. In equilibrio tra tradizione e innovazione, la Marina Militare del futuro sarà quindi uno strumento integrato dove uomini e droni operano fianco a fianco, garantendo la difesa e la sicurezza marittima dell’Italia in modo sostenibile ed efficace.

Tag: innovazione tecnologica, droni navali, Marina Militare, sistemi unmanned

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Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor. Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET e DIFESANEWS.COM. Blogger e informatico di professione

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