“Non sorprendetevi se cominceremo a produrre da soli i nostri pezzi,” ha dichiarato il tenente generale Christopher Mohan, vice comandante dell’Army Materiel Command. “Riconosco che la proprietà intellettuale appartiene all’industria, ma è colpa nostra se non l’abbiamo acquistata in origine: un errore da dilettanti.”
Il nodo è infatti tecnologico e contrattuale. Gran parte dei sistemi d’arma — dai carri ai Black Hawk — incorpora componenti di terze parti di cui il Pentagono non possiede i dati tecnici. In caso di guasto o crisi di forniture, il ricorso a questi produttori può bloccare intere flotte. “Non possiamo vivere così,” ha aggiunto Mohan, “abbiamo bisogno di un modello in cui acquistiamo solo i diritti per il pezzo che ci serve stampare, non per l’intero sistema.”

Parallelamente, l’Army sta sperimentando veri e propri “sprint di stampa 3D”, con l’obiettivo di realizzare 60 parti in 60 giorni. Già oggi, grazie a una repository digitale containerizzata, i soldati possono collegarsi tramite rete tattica, scaricare file CAD approvati e stampare ricambi direttamente sul campo, come griglie di ventilazione o maniglie di portelli.
Questa spinta trova il suo punto di convergenza con le esperienze sul terreno del 25th Infantry Division alle Hawaii. Nel 2025, il team “Lightning Labs” ha sviluppato e costruito in house il drone FPV “Capstone”, integrando un sistema di detonazione creato con gli specialisti EOD. Il risultato? Un sistema autonomo, economico e immediatamente operativo — capace, come ha sottolineato il capitano David Velasquez, di “mettere effetti letali sul bersaglio, subito”.
Le due esperienze — quella industriale e quella tattica — convergono in una stessa direzione: l’autonomia digitale della forza armata. Il generale Dan Driscoll, segretario dell’Esercito, ha mostrato all’AUSA 2025 il risultato di questa strategia: una pinna esterna per un serbatoio del Black Hawk stampata in 43 giorni, 300% più resistente e 78% più economica della versione commerciale.
La sfida ora è gestire un ecosistema industriale ibrido, in cui la proprietà intellettuale coesiste con la necessità operativa. Per l’industria, ciò significa ripensare i contratti in termini di “diritti parziali di produzione”; per la tecnologia, significa rafforzare la cyber security dei file di stampa, garantire validazioni meccaniche digitali e implementare sistemi di blockchain certificata per tracciare ogni singolo componente stampato.
L’additive manufacturing militare non è più un laboratorio ma un’infrastruttura strategica. Con la stampa 3D, l’Esercito USA punta a una logistica decentralizzata, resiliente e “sovrana” sul piano tecnologico. Il futuro del procurement non sarà più una catena lineare, ma una rete: distribuita, intelligente e sempre più autonoma.

L’Esercito USA accelera sull’additive manufacturing: tra stampa 3D, autonomia digitale e guerra dei brevetti






