La guerra dei droni si vince con il supporto di Replicator-3

CONDORALEXCONDORALEXCyberIndustria1 settimana fa110 Visualizzazioni

Sotto il sole dell’Arizona, gli aerei accatastati a Davis–Monthan e le navi in disarmo sul James River ricordano una verità semplice: l’hardware, senza cura, decade. Il futuro della forza militare non farà eccezione: comprare sistemi è la parte visibile, mantenerli pronti è quella decisiva.

Il programma Replicator del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti vuole mettere in campo, molto velocemente, migliaia di droni e sistemi autonomi a basso costo.

  • Replicator-1 punta soprattutto ad avere più forza offensiva: tanti sistemi economici che possono attaccare il nemico in modo difficile da prevedere.
  • Replicator-2 invece è pensato per la difesa: creare uno “scudo” credibile contro avversari che useranno droni e sistemi autonomi simili.

Il passo successivo dovrebbe essere Replicator-3: una rivoluzione del sustainment, la progettazione di una rete di sostegno che mantenga queste forze realmente impiegabili.

Oggi la priorità è la produzione, in risposta alla crescita militare cinese, soprattutto nel teatro indo-pacifico. Ma una “ondata unmanned” rischia di essere operativamente vuota se non si pianifica come stoccarla, ripararla, alimentarla e farla funzionare per anni. I dati della Government Accountability Office mostrano che perfino le flotte con equipaggio faticano a restare pronte. Pensare che migliaia di droni complessi, costruiti in fretta, possano farlo senza una struttura diversa è illusorio.

La guerra dei droni si vince con il supporto di Replicator-3
La guerra dei droni si vince con il supporto di Replicator-3

I limiti del mito unmanned e la sfida indo-pacifica

Un mito diffuso sostiene che i sistemi senza equipaggio abbiano una coda logistica più corta. Per le piattaforme marittime a lungo raggio, ricche di sensori, è falso. La manutenibilità può migliorare con componenti modulari, manutenzione predittiva e design “attritabili”, ma la moltiplicazione dei sistemi aumenta il lavoro di manutenzione a livello operativo e avanzato. Servono tecnici, attrezzature e infrastrutture forward che oggi sono sottodimensionate.

In Ucraina si vedono droni piccoli, economici, prodotti e persi in quantità enormi. L’Indo-Pacifico è diverso:

  • enormi distanze e ambiente marino ostile;
  • dipendenza da alleati e basi lontane;
  • sistemi grandi, energivori e complessi, più simili a navi e aerei moderni.

Questi sistemi dovranno resistere a corrosione e lunghi periodi di inattività, garantire controllo sicuro a lungo raggio, essere modulari e basati su diritti di manutenzione chiari per il governo. Inoltre richiederanno molta più manodopera di quanto spesso si creda.

La produzione privata – da aziende come Anduril o Saronic – oggi si concentra sulle linee di montaggio, non sulla rete di sostegno in teatro. Ma i sistemi costruiti ora potrebbero rimanere inattivi per anni prima di un conflitto e, senza cura costante, non saranno pronti. La fiducia tra operatori e piattaforme nasce dall’uso reale, non solo dal simulatore: se non si opera in tempo di pace, molti sistemi non funzioneranno come previsto in guerra.

La guerra dei droni si vince con il supporto di Replicator-3
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Cosa dovrebbe fare Replicator-3 e il costo dell’inazione

Replicator-3 dovrebbe colmare il divario tra velocità di produzione e capacità di sustainment, agendo su tre fronti:

  1. Legare il sustainment al procurement
    • Definire una quota minima di budget per infrastrutture, personale, scorte e manutenzione avanzata per ogni capacità acquistata.
    • Finanziamento del sostegno incluso fin dall’inizio, non aggiunto dopo.
  2. Premiare la resilienza, non solo i volumi
    • Incentivi per disponibilità operativa, filiere a doppia fonte, qualità dei dati di manutenzione.
    • Contratti che valutano “uptime”, non solo quantità prodotte.
  3. Costruire una rete regionale di sostegno condivisa
    • Usare finanziamenti e vendite militari estere per creare nodi di manutenzione e stoccaggio gestiti dai partner nell’Indo-Pacifico.
    • Pool condivisi di sistemi che permettano ai Paesi alleati di contribuire alla deterrenza senza dover combattere in prima linea.

La rete di sustainment dovrà essere dispersa, resiliente, parzialmente automatizzata, capace di operare con rifornimenti irregolari. Piccoli reattori modulari, generazione energetica off-grid e manifattura additiva in teatro potranno alimentare e rifornire flotte distribuite senza dipendere solo da grandi basi vulnerabili.

Infine, serviranno team spedizionieri dedicati, equivalenti militari del modello di manutenzione dei grandi operatori di veicoli autonomi commerciali: piccoli gruppi che, da basi austere, gestiscono batterie, moduli, software e lanci operativi.

Se questa rivoluzione del sustainment non avverrà, i comandanti si ritroveranno a cannibalizzare piattaforme, attendere mesi pezzi di ricambio o limitare drasticamente l’impiego. Il risultato: un arsenale impressionante sulla carta ma una deterrenza fragile nella realtà. Replicator-3 deve dunque essere, prima di tutto, la rivoluzione logistica che rende credibile l’era dei sistemi senza equipaggio.

La guerra dei droni si vince con il supporto di Replicator-3

Fonte: https://warontherocks.com/2025/11/replicator-3-should-be-the-sustainment-revolution/

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Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor. Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET e DIFESANEWS.COM. Blogger e informatico di professione

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