A quasi 3.000 metri di altitudine, sul ghiacciaio del Doségu nel comune di Valfurva (SO), gli artificieri del 10° Reggimento Genio Guastatori dell’Esercito Italiano hanno recentemente portato a termine un intervento tanto delicato quanto emblematico: la neutralizzazione di una granata d’artiglieria da 210 mm risalente alla Prima Guerra Mondiale. In un ambiente ostile e impervio, modellato da secoli di ghiaccio e segnato dalla memoria del conflitto, l’attività di bonifica ha richiesto uno sforzo collettivo, coordinato con precisione millimetrica tra le varie componenti istituzionali coinvolte.
Il rinvenimento dell’ordigno bellico è avvenuto in una zona d’alta montagna difficilmente accessibile. Proprio per questo, l’intervento ha richiesto il supporto fondamentale del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza e del personale sanitario del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, garantendo così una cornice di sicurezza tanto logistica quanto sanitaria. La Prefettura di Sondrio ha diretto l’intera operazione, gestendo il coordinamento interforze e disponendo l’interdizione al transito per un raggio di 1.445 metri, al fine di proteggere persone e ambiente durante le fasi di disinnesco.
L’episodio del Doségu non è un caso isolato: si inserisce in un più ampio programma di bonifica del territorio nazionale dai residuati bellici, un’operazione che prosegue silenziosamente, ma con costanza, da decenni.
Il ghiacciaio del Doségu, come molte altre aree alpine e montane d’Italia, è testimone muto di ciò che fu il teatro di guerra tra gli eserciti contrapposti durante il primo conflitto mondiale. Le alte quote, le trincee scavate nel ghiaccio e le postazioni d’artiglieria raccontano una guerra dura, combattuta in condizioni estreme. Oggi, a distanza di oltre un secolo, quegli stessi luoghi custodiscono ancora pericolosi frammenti di storia: ordigni inesplosi, bombe, granate, mine, che il tempo e il disgelo stanno riportando alla luce.

Nel solo 2025, gli specialisti della 132^ Brigata corazzata “Ariete” hanno neutralizzato circa 690 ordigni risalenti alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale. Numeri che testimoniano non solo l’ampiezza del fenomeno, ma anche la dedizione e la professionalità degli uomini e delle donne dell’Esercito Italiano impegnati quotidianamente in attività di bonifica. Si tratta di un lavoro tecnico, rischioso e altamente specializzato, svolto spesso in contesti isolati e in condizioni ambientali difficili.
La presenza di residuati bellici non riguarda solo aree montane: anche campagne, fondali marini e aree urbane possono nascondere pericoli invisibili. In molti casi, le segnalazioni provengono da cittadini, escursionisti o operatori che incappano casualmente in oggetti sospetti. Da qui si attiva una macchina complessa, in cui le Forze Armate intervengono con tempismo e precisione, mettendo in sicurezza il territorio e prevenendo tragedie.
L’operazione sul Doségu è solo l’ultima in ordine di tempo a confermare un principio fondamentale: la sicurezza della collettività passa anche dal recupero e dalla neutralizzazione degli “invisibili” lasciti dei conflitti del passato. Gli artificieri del 10° Reggimento Genio Guastatori, come quelli di altri reparti specializzati, incarnano una missione spesso poco conosciuta, ma di grande valore civile oltre che militare.

Ogni residuato bellico neutralizzato rappresenta una minaccia in meno per l’ambiente e per la popolazione. Ma è anche un atto simbolico di riconciliazione tra il presente e un passato doloroso. È grazie a queste operazioni che le generazioni future potranno continuare a esplorare, vivere e proteggere i territori montani e storici del nostro Paese in sicurezza.
La sinergia tra Esercito Italiano, Croce Rossa, Guardia di Finanza, Prefetture e protezione civile mostra quanto sia importante una risposta integrata ai problemi ereditati dalla storia. In un’epoca in cui l’attenzione è spesso catalizzata da minacce nuove, digitali o globali, l’impegno per la bonifica dei residuati bellici richiama alla memoria un’urgenza concreta, quotidiana e nazionale.
Il ghiacciaio del Doségu, come tanti altri luoghi “dimenticati” dai radar dell’attualità, si trasforma così in un palcoscenico silenzioso dove l’Italia continua a fare i conti con la propria storia, attraverso la professionalità e il coraggio di chi lavora nell’ombra, affinché nessun ordigno del passato possa mettere in pericolo il futuro.






