Gen. Masiello e il “Frozen Middle”: come scongelare il Centro dell’Esercito

CONDORALEXCONDORALEXEsercitoBlog1 settimana fa138 Visualizzazioni

Quando il Generale Masiello parla di “frozen middle, la parte centrale congelata… quelli che non vogliono cambiare perché stanno bene nella loro comfort zone e vogliono godere rendite di posizione”, non sta solo lanciando una provocazione al suo mondo. Sta dando un nome a qualcosa che esiste in quasi tutte le organizzazioni: aziende, pubblica amministrazione, sanità, scuola, terzo settore.

Il suo passaggio più forte è quando riconosce che queste parole lo hanno reso inviso proprio alla gerarchia intermedia, “colonnelli e generali di Brigata”, cioè a quel livello che dovrebbe far arrivare al vertice idee ed energie dei più giovani e che invece spesso le blocca. Nel linguaggio manageriale questo livello è il middle management, il famoso frozen middle: lo strato di persone che si trova tra chi decide la strategia e chi lavora sulla prima linea.

Sono loro a ricevere gli ordini dall’alto e a tradurli in prassi quotidiane, procedure, cambi di abitudini. Quando lì, nel mezzo, qualcosa si blocca, l’intera macchina rallenta: le decisioni restano sulla carta, le riforme si impantanano, la trasformazione digitale diventa uno slogan, l’innovazione si riduce a qualche progetto vetrina che non cambia davvero il modo di lavorare. Non si tratta quasi mai di sabotaggio consapevole; è piuttosto un congelamento progressivo, il risultato di anni in cui cultura, struttura e psicologia personale si sommano e cristallizzano.

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Gen. Masiello e il “Frozen Middle”: come scongelare il Centro dell’Esercito

Perché il middle management si congela

Da una parte arrivano le pressioni del vertice: cambiare in fretta, raggiungere nuovi obiettivi, ridurre costi, digitalizzare, essere più agili. Dall’altra ci sono le difficoltà concrete dei team, i problemi quotidiani, il rassicurante “si è sempre fatto così”. In mezzo, i manager intermedi sentono addosso la responsabilità del risultato, spesso senza avere strumenti, tempo e chiarezza sufficienti.

La resistenza nasce spesso dalla mancanza di senso, più che di istruzioni. Le circolari, le slide, i documenti non mancano mai; a mancare è la risposta credibile alla domanda “perché”. Perché questa trasformazione è indispensabile? Cosa accade se non la facciamo? Che impatto avrà su di me e sul mio ruolo? Se il cambiamento appare come l’ennesima moda manageriale o il capriccio di chi sta in alto, diventa naturale guardarlo con scetticismo e procedere al minimo sindacale.

C’è poi un tema di coinvolgimento: molti middle manager non partecipano alla progettazione dei cambiamenti, vengono informati a valle, quando tutto è già stato deciso. Si ritrovano a dover difendere scelte alle quali non hanno contribuito e che spesso non tengono conto di vincoli reali. In queste condizioni è difficile sentirsi “proprietari” del cambiamento; è più probabile che prevalga un adattamento passivo, punteggiato da piccoli rallentamenti silenziosi.

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Gen. Masiello e il “Frozen Middle”: come scongelare il Centro dell’Esercito

Anche i sistemi di incentivi fanno la loro parte. Se le carriere premiano chi non crea problemi, chi non sbaglia, chi mantiene lo status quo in equilibrio, il messaggio implicito è chiaro: non rischiare. Il cambiamento comporta sempre margini di errore, sperimentazione, assunzione di responsabilità; se l’organizzazione continua a celebrare la prudenza assoluta, congelarsi diventa razionale.

Non va trascurata la dimensione più umana, quella della paura. Ogni trasformazione mette in discussione identità e competenze costruite in anni di lavoro. Un nuovo modo di lavorare, l’introduzione di tecnologie, la revisione di processi e ruoli possono essere percepiti come una minaccia: e se non fossi più all’altezza? Se il mio ruolo si restringesse? Se i giovani sapessero fare meglio di me? Quando queste paure non vengono riconosciute, si trasformano in resistenze sotterranee.

Infine, c’è un fattore molto concreto: il sovraccarico. Il middle management è spesso schiacciato tra obiettivi da raggiungere, adempimenti burocratici, gestione delle persone, conflitti, emergenze continue. A tutto questo si aggiunge il cambiamento, che richiede tempo, energia mentale, capacità di pensare a medio-lungo termine. Senza liberare spazio, il progetto di trasformazione viene vissuto come un “di più” ingestibile e quindi rimandato, diluito, annacquato.

Il paradosso è che, senza questa fascia, nessun cambiamento regge davvero: il middle management è la cerniera tra la visione del vertice e l’energia della base. Se la cerniera si blocca, il tessuto organizzativo si strappa.

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Come scongelare il centro: responsabilità condivisa

Come si “scongela” allora questo centro congelato di cui parla il generale Masiello? Il primo passo è cambiare approccio alla comunicazione. Non basta annunciare che “si parte con il progetto X”: bisogna costruire una narrazione chiara e onesta, che spieghi perché il cambiamento è necessario proprio ora, quali problemi reali risolve, quali rischi si corrono non facendolo. Questa narrazione va calata nella realtà dei singoli livelli: cosa cambia concretamente per i manager intermedi, quali opportunità si aprono per loro, quali strumenti avranno a disposizione.

Subito dopo viene il coinvolgimento vero. Coinvolgere il middle management non significa chiedere “avete domande?” su decisioni già prese, ma farli partecipare alla fase di disegno: raccogliere idee, vincoli, scenari; usare la loro conoscenza operativa per rendere i piani più realistici; condividere bozze invece di presentare pacchetti chiusi. Chi contribuisce a costruire una decisione ha molte più probabilità di difenderla e farla funzionare.

Serve poi un allineamento reale tra obiettivi strategici e sistemi di valutazione. Se il cambiamento è davvero prioritario, deve entrare nei KPI, nei bonus, nei criteri di promozione. Bisogna premiare chi prova strade nuove, chi condivide errori come occasione di apprendimento, chi fa crescere il proprio team su competenze di futuro. Il messaggio da mandare è che la prudenza cieca non è più l’opzione più sicura, ma quella che espone di più l’organizzazione.

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Gen. Masiello e il “Frozen Middle”: come scongelare il Centro dell’Esercito

Per sostenere tutto questo occorre investire sul serio nell’aggiornamento dei manager intermedi. Leadership trasformativa, gestione del cambiamento, competenze digitali, gestione di team ibridi e multigenerazionali non sono optional, ma la cassetta degli attrezzi minima per chi sta nel mezzo. Una formazione mirata e continuativa è anche un messaggio di fiducia: “puntiamo su di te per costruire il futuro”.

Una parte importante del lavoro sta nel liberare tempo ed energia. Ridurre adempimenti inutili, automatizzare la routine dove possibile, creare spazi protetti in cui lavorare sui progetti di cambiamento senza essere risucchiati dall’urgenza quotidiana è fondamentale: non possiamo pretendere innovazione da chi vive permanentemente in apnea.

Tutto questo richiede infine una forte coerenza dall’alto. Il vertice deve essere il primo a cambiare comportamenti, strumenti, stile di leadership. I middle manager osservano: se vedono distanza tra ciò che si proclama e ciò che si fa, il congelamento si irrigidisce; se invece vedono leader che sperimentano, si espongono, difendono chi prova e si assumono le responsabilità degli inevitabili incidenti di percorso, il messaggio diventa potente.

Anche il tema generazionale può essere trasformato da conflitto ad alleanza. Mettere a lavorare insieme giovani talenti e manager esperti, creare percorsi di reverse mentoring in cui i più giovani portano competenze digitali e nuovo sguardo mentre i più anziani offrono esperienza e profondità, costruire spazi di ascolto reciproco: sono modi concreti per sciogliere la contrapposizione e trasformarla in forza comune.

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Gen. Masiello e il “Frozen Middle”: come scongelare il Centro dell’Esercito

Le parole del generale Masiello hanno il merito di squarciare il velo su un tabù: spesso a bloccare il futuro non è un nemico esterno, ma quel “centro congelato” che presidia posizioni e abitudini. Il passo successivo è assumersi tutti una quota di responsabilità: i vertici, nel creare condizioni e incentivi giusti; i manager intermedi, nel decidere se accontentarsi di amministrare il presente o diventare costruttori di futuro; i giovani, nel trasformare le loro idee in proposte concrete e nel cercare alleati invece di nemici.

Scongelare il frozen middle non è facile né rapido, ma è probabilmente l’unica strada per evitare che le nostre organizzazioni restino prigioniere delle proprie rendite di posizione. E forse proprio da voci forti come quella del generale Masiello può partire il movimento che rimette in circolo energia, responsabilità e visione.

Gen. Masiello e il “Frozen Middle”: come scongelare il Centro dell'Esercito

Fonte: https://infodifesa.it/dal-caffe-coi-militari-alle-idee-senza-grado-masiello-sfida-il-frozen-middle-dei-colonnelli-e-generali-di-brigata/

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Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor. Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET e DIFESANEWS.COM. Blogger e informatico di professione

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