L’Esercito USA taglia la flotta di elicotteri: droni e nuovi scenari ridisegnano l’aviazione

Per decenni gli elicotteri hanno incarnato l’immaginario dell’Esercito statunitense. Dai cieli del Vietnam a Mogadiscio, fino alle missioni più recenti in Iraq e Afghanistan, velivoli come i Black Hawk e gli Apache hanno rappresentato potenza, mobilità e capacità di intervento immediato. Ma quel paradigma sta cambiando rapidamente.

Negli ultimi mesi, il Pentagono ha annunciato un piano di riduzione della flotta elicotteristica, con la dismissione di numerose unità e l’inattivazione di intere brigate della Riserva. Una scelta che ha sorpreso molti aviatori, ma che rientra in una più ampia riorganizzazione delle forze terrestri americane.

Perché ridurre gli elicotteri?

Secondo gli analisti, la decisione nasce dall’unione di due fattori: la pressione di bilancio e l’esperienza maturata osservando la guerra in Ucraina. Lì, l’elevata densità di sistemi missilistici antiaerei ha reso vulnerabili gli elicotteri russi, spingendo i vertici americani a chiedersi quanto possano sopravvivere i velivoli con equipaggio in un conflitto ad alta intensità.

Non a caso, già lo scorso anno il Capo di Stato Maggiore, generale Randy George, ha cancellato lo sviluppo di un nuovo elicottero da ricognizione e attacco, sottolineando come i droni armati di sensori e munizionamenti siano “più diffusi, economici e a lungo raggio” rispetto ai sistemi tradizionali.

Droni al posto delle pale

Gli UAV (Unmanned Aerial Vehicles) si stanno imponendo come la nuova frontiera. Nella guerra in Ucraina vengono impiegati per ricognizione, correzione del tiro d’artiglieria, disturbo elettronico e persino attacchi diretti con piccole bombe.

L’Esercito americano vuole ora sfruttarne le potenzialità, affidando loro i compiti “sporchi, noiosi e pericolosi” — come ha scritto il generale Clair Gill — e mantenendo invece gli elicotteri nelle missioni di trasporto e logistica, ruoli per i quali restano insostituibili.

Il Black Hawk continuerà a volare fino al 2070, mentre è in fase avanzata lo sviluppo del MV-75, un tiltrotor destinato a combinare le capacità di un aereo e di un elicottero, simile al V-22 Osprey in dotazione a Marina e Marines.

Perché colpisce soprattutto la Riserva

Le riduzioni più pesanti riguarderanno la Riserva dell’Esercito, con l’inattivazione delle brigate aeree di supporto. La Guardia Nazionale, invece, sarà toccata meno, in virtù del ruolo centrale nei soccorsi in caso di emergenze e disastri naturali all’interno degli Stati Uniti, compiti che il Congresso ha sempre difeso.

Per i soldati coinvolti, il futuro resta incerto. Alcuni saranno ricollocati in altre unità o riassegnati a nuove funzioni, altri potrebbero scegliere di abbandonare il servizio. “Chi viene qui vive e respira l’aviazione dell’Esercito” ha dichiarato il sergente maggiore Nathan Smith, esprimendo il timore di molti piloti e specialisti rimasti senza elicotteri da far volare.

Una scommessa sul futuro

Il rischio, avvertono gli esperti, è duplice: da un lato la perdita di capacità collaudate, dall’altro l’incertezza su cosa sostituirà i velivoli ritirati. Ogni riduzione di spesa militare senza un parallelo calo delle minacce comporta un’esposizione strategica.

L’Esercito americano è oggi chiamato a ridefinire il proprio ruolo in un mondo orientato sempre più verso scenari globali e indopacifici, dove la superiorità tecnologica e la capacità di adattarsi ai nuovi domini — cyber, spaziale e soprattutto droni — faranno la differenza.

Come ha osservato l’analista Jeremiah Gertler, “se le unità continueranno a concentrarsi solo sulla missione elicotteri, rischiano di scomparire del tutto. Se invece troveranno nuovi modi per contribuire, avranno ancora un futuro”.