Dagli Arditi alle Forze Speciali moderne, una storia tutta italiana – Parte III: Dal dopoguerra nella Guerra Fredda ad oggi

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Con questo terzo e ultimo capitolo chiudiamo il viaggio iniziato con le origini delle forze speciali italiane (Arditi e Flottiglie MAS) e proseguito nel periodo tra le due guerre e la Seconda guerra mondiale.

Qui raccontiamo la rinascita nel dopoguerra, la maturazione durante la Guerra Fredda, la professionalizzazione dagli anni ’70-’80, l’integrazione interforze all’inizio del nuovo millennio e l’assetto attuale, con un filo rosso che porta dalla Grande Guerra ai teatri operativi contemporanei.

Il dopoguerra: ricostruire dottrina e reparti (1946-anni ’60)

La sconfitta del 1945 non azzerò soltanto mezzi e strutture: rese necessario ripensare da zero la cultura operativa. Le restrizioni del Trattato di Parigi frenarono per qualche anno la ricostituzione di reparti “speciali”, ma non cancellarono il patrimonio immateriale: esperienza, metodo, intuizioni.

Molti dei reduci della Divisione Folgore, dei Reparti Arditi e della Xª Flottiglia MAS seppero trasformare le lezioni di guerra in regole di pace: selezione severa, addestramento realistico, piccole unità agili, libertà d’iniziativa sul terreno, sincronizzazione multispecialistica (terra–aria–mare), logistica essenziale.

Dagli Arditi alle Forze Speciali moderne, una storia tutta italiana – Parte III: Dal dopoguerra nella Guerra Fredda ad oggi
Il Trattato di Pace di Parigi del 1947 impose all’Italia restrizioni significative alle forze armate, come limitazioni sulla gittata dei cannoni (30 km), un numero massimo di carri armati (200), un organico per l’Esercito (250.000 uomini inclusi Carabinieri e Guardia di Finanza) e il divieto di istruire personale non facente parte dell’esercito.

Esercito: nascono i Sabotatori Paracadutisti

Il 20 aprile 1953 lo Stato Maggiore dell’Esercito istituì presso la Scuola di Fanteria di Cesano la Compagnia Speciale, unità sperimentale composta da due plotoni di paracadutisti (di leva e in rafferma) e un plotone di carabinieri.

La Compagnia—alle dipendenze operative dell’Ufficio Operazioni dello SME e amministrative della Scuola di Fanteria—fu affidata al Cap. Edoardo Acconci. In precedenza, nel 1952, alcuni ex ufficiali Arditi avevano avviato in modo riservato, presso il Centro Militare di Paracadutismo di Viterbo, la ricostruzione di un nucleo di combattenti specializzati che, nel settembre di quell’anno, divenne il Plotone Speciale della 1ª Compagnia Paracadutisti, al comando del Ten. Franco Falcone.

Addestrato sul modello Arditi, con preparazione aggiuntiva a lanci in acqua e nuoto, quel nucleo diede credibilità al progetto presso i vertici della Difesa, ponendo le basi del futuro reparto di Sabotatori Paracadutisti.

L’innovazione era duplice: la Compagnia veniva ordinata fuori dagli schemi delle tradizionali unità aviotruppe e plasmata per un addestramento specifico, finalizzato a missioni offensive dietro le linee nemiche. L’orientamento dello SME prevedeva un impiego strategico in ogni ambiente, naturale ed operativo—tratto distintivo che, già allora, la qualificava come vera Forza Speciale.

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Il Capitano Edoardo Acconci al comando della Compagnia Sabotatori Paracadutisti – Copyright Esercito Italiano

L’uomo di El Alamein, cuore del progetto

La figura chiave di questa transizione fu Edoardo Acconci, veterano della 185ª Divisione Folgore e reduce della Battaglia di El Alamein (1942), che portava con sé un patrimonio raro di esperienze. Poliglotta, ufficiale di fanteria poi Paracadutista (brevetto n. 1211), combatté in Africa Settentrionale guidando pattuglie in profondità, combattimenti ravvicinati e azioni di cattura/distruzione di mezzi.

Catturato dagli inglesi il 6 novembre 1942 alle 18:00, rientrò in Italia il 23 settembre 1946 — dopo sette tentativi di evasione — e fu impiegato nel disinnesco dei campi minati (B.C.M.), attività ad altissimo rischio che ne accrebbe ulteriormente il bagaglio tecnico e umano.

Ad El Alamein i Paracadutisti della Folgore si trovarono, loro malgrado, a operare in modo asimmetrico; prassi e accorgimenti maturati in quel contesto furono poi “messi a libretta” da Edoardo Acconci e armonizzati con la dottrina e il canone operativo sperimentati dai Reparti Arditi della Seconda guerra mondiale, a loro volta eredi delle esperienze vittoriose della Grande Guerra (1915–18).

Trattenuto in servizio permanente effettivo per meriti di guerra nel 1951 e trasferito al Centro Militare di Paracadutismo nel 1952, tra maggio e luglio dello stesso anno il Capitano Acconci frequentò negli Stati Uniti il corso Ranger, ampliando ulteriormente il proprio bagaglio dottrinale e tecnico. Nel 1953 assunse il comando della Compagnia Sabotatori Paracadutisti a Cesano, trasformando in metodo ciò che in guerra era spesso “artigianato d’eccellenza”: selezione attitudinale, addestramento progressivo, tecniche di ricognizione e inganno, sincronizzazione di fuoco e manovra, mission planning rigoroso e debriefing come leva di crescita dottrinale. In questo senso, Acconci fu il ponte tra la tradizione ardita — filtrata e rafforzata dall’esperienza di El Alamein — e una moderna concezione delle operazioni asimmetriche.

Il percorso addestrativo degli aspiranti Sabotatori venne modellato per l’impiego strategico in ogni ambiente: tecniche di sabotaggio; roccia e movimento in montagna; sci e mobilità in ambiente innevato; combattimento corpo a corpo; familiarizzazione con un’ampia gamma di armi e mezzi (inclusi i corazzati); reti e “pontiradio con gestione delle relative “maglie”; cartografia e navigazione terrestre.

Per i candidati giudicati idonei sotto il profilo psico-fisico, era previsto l’approfondimento di moduli anfibi presso il Gruppo Arditi Incursori del Varignano (allora MariSubArdIn, oggi COMSUBIN), a conferma di una precoce integrazione terra-mare che avrebbe reso il futuro 9º Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” uno dei reparti più preparati e capaci nell’ambito NATO.

Dal seme piantato nel 1953 con la Compagnia Speciale alla maturazione in Reparto e poi Battaglione Sabotatori, prende forma un modello italiano di forze speciali che unisce selezione, dottrina, multidominio e disciplina dell’azione—eredità diretta degli Arditi, tradotta in metodo moderno.

Con la trasformazione della Compagnia in Reparto Sabotatori Paracadutisti (1° giugno 1957), il Capitano Acconci fu confermato al comando fino al 30 giugno 1959.

Rientrò poi al vertice dell’Unità il 17 febbraio 1963, nel frattempo divenuta Battaglione Sabotatori Paracadutisti, e ne lasciò il comando il 15 agosto 1964, salutando i suoi uomini con un ordine del giorno passato alla storia del reparto:

Ai miei Uomini che ho visto crescere e affermarsi in seno a questa famiglia che ho costituito 12 anni fa, il mio paterno abbraccio ed augurio, il più affettuoso, per sempre migliori affermazioni nel nome dei Sabotatori Paracadutisti al servizio della nostra amata Patria. Viva l’Italia, Folgore

Marina Militare: al Varignano gli eredi delle flottiglie MAS

Sul fronte mare, nel 1952 l’ammiraglio Corso Pecori Giraldi affida al Tenente di Vascello Aldo Massarini lo studio per ricostituire un reparto di incursori subacquei, integrando le esperienze di nuotatori guastatori e paracadutisti.

Con la progressiva revoca dei vincoli di Parigi nasce al Varignano il Gruppo Arditi Incursori, formalizzato dal Foglio d’ordine n. 44 del 30 maggio 1952 e posto alle dipendenze di Maricentrosub La Spezia. Su impulso dell’ammiraglio Gino Birindelli, comandante di Maricentrosub, il reparto si riorganizza e nel 1956 assume il nome MariSubArdIn. Dal 1962 l’addestramento si estende a aviolancio e combattimento in montagna, segnando l’ibridazione terra-mare-aria che diverrà il mantra degli incursori di qualsiasi Forza Armata.

Nel 1964 nasce la Sezione Aerei Leggeri (S.A.L.) presso Alghero-Fertilia, alle dipendenze del Raggruppamento Unità Speciali (R.U.S.): un tassello che mostra quanto presto la dimensione aerea venga percepita come moltiplicatore di forze per reparti piccoli, veloci, clandestini.

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Un reparto di Arditi Incursori della Marina Militare negli anni ’50 – Copyright Marina Militare Italiana

Tra guerra fredda e terrorismo interno: specializzazione e contromisure (anni ’70-’80)

La competizione Est/Ovest e, in Italia, la lunga stagione della minaccia terroristica impongono un salto di qualità. Non bastano più incursori “generalisti”: occorrono cellule dedicate all’antiterrorismo e capacità interforze per operare di notte, da lontano, con precisione chirurgica.

Già nel 1967, la strage di Cima Vallona — in cui caddero tre sabotatori paracadutisti, un carabiniere paracadutista e un alpino — mostrò l’impiego dei sabotatori anche in funzione antiterrorismo sul territorio nazionale.

Nel 1975 il Battaglione Sabotatori seguì le sorti della rinata Brigata Paracadutisti “Folgore” nella quale venne inquadrato, assumendo la denominazione di 9º Battaglione d’assalto paracadutisti “Col Moschin”; nell’ottobre 1976 gli viene consegnata la Bandiera di Guerra del X Reggimento Arditi.

A seguito della forte escalation di attentati durante gli anni di piombo, nel giugno 1977 viene firmato a Roma il Piano Trevi per il contrasto al terrorismo nazionale e internazionale. Il governo decide di istituire unità specifiche all’interno dei reparti più addestrati delle Forze Armate: i sabotatori del “Col Moschin” e gli incursori del COMSUBIN. Questo personale di pronto impiego h24 in funzione controterrorismo viene formato per interventi in ambito civile (eventuale liberazione di ostaggi da fabbricati, aerei, navi, treni, autobus), con il supporto addestrativo dei SAS britannici già impiegati con reparti speciali tedeschi e israeliani. Tali unità, tuttavia, non verranno mai impiegate operativamente, salvo un allertamento il giorno dopo il rapimento di Aldo Moro (marzo 1978), poi annullato quando l’UNIS era già a bordo degli automezzi.

Il 24 ottobre 1977 il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga firma il decreto che istituisce l’U.N.I.S. – Unità Interventi Speciali, per affiancare alle indagini azioni di “commando”. Contestualmente nascono i GIS dei Carabinieri (selezionati dal 1º Battaglione Carabinieri Paracadutisti, operativi da febbraio 1978) e i NOCS della Polizia. Saranno questi due reparti a essere impiegati nelle principali operazioni antiterrorismo e liberazione ostaggi sul territorio nazionale: dal dicembre 1980 (rivolta nel carcere di Trani) al gennaio 1982 con la liberazione del generale USA James Lee Dozier.

Il 30 dicembre 1985, su disposizione del Ministro della Difesa Giovanni Spadolini, vengono ufficialmente istituiti i Gruppi Operativi Speciali (GOS). È una cambiamento importante: elementi selezionati del 9º “Col Moschin” e del COMSUBIN vengono integrati per supportare operazioni di intelligence del SISMI. L’Italia si dota di una capacità clandestina coordinata, tipica della fase finale della Guerra Fredda e del confronto indiretto nei teatri terzi.

Peacekeeping e “punta d’ingresso”: il ruolo delle Forze Speciali

Con l’affermarsi delle missioni di pace/peacekeeping dagli anni ’80 in poi, le Forze Speciali italiane diventano entry force: aprono corridoi d’accesso, effettuano ricognizioni speciali, mettono in sicurezza punti chiave (porti, aeroporti, snodi viari), creano basi d’avanzata e, quando la situazione degenera, eseguono azioni chirurgiche per ristabilire la libertà di movimento e la protezione di civili e militari.

Nel Libano (1983), all’interno della Forza Multinazionale, assetti italiani impiegano capacità tipiche SOF per la valutazione dell’area, la force protection avanzata e il collegamento con unità alleate e autorità locali: un modello che anticipa il peacekeeping moderno, in cui intelligence tattica, discrezione e prontezza d’impiego valgono quanto i mezzi corazzati.

In Somalia, l’operazione IBIS avviata a fine 1992 sfocia nella celebre battaglia del “Pastificio” (2 luglio 1993): il contesto mostra come, anche in missioni ONU, l’intervento rapido sia decisivo per proteggere colonne logistiche, posti di blocco e aree sensibili in ambiente urbano ostile.

Sul fronte balcanico, con IFOR/SFOR in Bosnia (dal 1995–1996 a fine anni ’90), l’Italia entra pienamente nel ciclo NATO-led: le Forze Speciali operano in interoperabilità con partner alleati, integrando C2 interforze, JTAC/guida terminale e targeting di precisione a supporto della stabilizzazione, del controllo di aree critiche e della sicurezza dei movimenti.

Parallelamente, a metà anni ’90, il 9º “Col Moschin” conduce le operazioni “Ippocampo”: un pacchetto di esfiltrazione/NEO (Non-combatant Evacuation Operations) per il recupero di connazionali in aree improvvisamente turbolente. Sono interventi rapidi, discreti e ad alto rischio, che richiedono pianificazione modulare, ed estrazioni su finestre temporali strettissime in coordinamento stretto con diplomazia, intelligence e aviazione. Questo filone consolida il ruolo delle forze speciali come strumento di prontezza nazionale e internazionale, capace di proteggere cittadini e interessi italiani ben oltre i confini, anche al di fuori dei riflettori.

Le operazioni speciali vivono di mobilità e tempi. Nel 1992 il 39º Gruppo Squadroni “Drago” introduce sistemi NVG e procedure notturne avanzate: comprendere, penetrare e colpire nell’oscurità diventa routine. Nello stesso periodo il 26º Gruppo Squadroni “Giove”, inquadrato nella Brigata Paracadutisti “Folgore”, si specializza nelle operazioni con paracadutisti e incursori, per poi trasformarsi nel 26º Reparto Elicotteri Operazioni Speciali (REOS): un reparto aereo pensato per le esigenze delle operazioni speciali, con equipaggi addestrati, infiltrazioni a bassa quota, estrazioni complesse e rifornimenti “sotto minaccia”.

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Piano d’assalto all’Ambasciata di Mogadiscio il 16 dicembre 1992 da parte degli incursori del 9º Col Moschin – Copyright foto Libro “Il Volo dell’Ibis”

Il nuovo millennio, (2000-oggi): interforze e proiezione NATO

L’11 settembre 2001 e le crisi a cascata mutano il panorama: conflitti ibridi, aree a governance debole e tecnologie diffuse. Le forze speciali italiane si espandono, si integrano e si proiettano accanto agli alleati in scenari asimmetrici sempre più complessi.

Nel marzo 2003 nasce dall’Aeronautica il RIAM (Reparto Incursori A.M.I.), destinato a evolvere nel 17º Stormo Incursori (2008): sabotaggio di infrastrutture critiche, recupero del personale, individuazione e designazione degli obiettivi e supporto alle operazioni aeree (ala fissa e rotante), con una marcata impronta interforze.

Il cervello interforze: il C.O.F.S. (2004)

Il 2004 segna la svolta organizzativa: viene istituito il C.O.F.S. – Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali, comando centrale per pianificazione, coordinamento e impiego delle FS. Nello stesso anno il GIS viene formalmente riconosciuto come forza speciale a pieno titolo nel perimetro interforze.

Dal 1º dicembre 2004, con il Generale Paracadutista Incursore Marco Bertolini alla guida, il COFS consolida procedure, interoperabilità, pianificazione congiunta e relazioni NATO.

Nel 2008 ottiene lo status di comando di pianificazione; nel 2021 la NATO lo valida come SOCC (Comando proiettabile di componente per le Operazioni Speciali) per la NATO Response Force: un riconoscimento sostanziale di capacità.

Teatri operativi: ovunque

Le Forze Speciali italiane hanno operato e operano nelle aree più turbolente a tutela dell’interesse nazionale: protezione di cittadini e infrastrutture critiche, NEO (Non-combatant Evacuation Operations, evacuazioni di non combattenti), HR (Hostage Recovery, recupero ostaggi), sicurezza delle rotte energetiche e marittime, sviluppo capacitivo e assistenza militare a favore di forze partner, oltre al contributo a missioni ONU/NATO/UE come forza di elevata prontezza.

Dai Balcani al Medio Oriente, le forze speciali italiane aprono corridoi, anticipano la situazione tattica tramite ISR (Intelligence, Surveillance & Reconnaissance) e ricognizione speciale (SR), eseguono azioni dirette (DA) mirate e abilitano forze locali mediante assistenza militare (MA), integrando capacità interforze e interagenzia.

Merita una menzione specifica l’impiego in Afghanistan: nel 2006, nell’ambito dell’operazione ISAF, viene costituita la Task Force 45 (TF-45), il più ampio dispositivo di forze speciali italiano del dopoguerra.

Sotto esclusivo comando operativo del 9º Reggimento d’Assalto “Col Moschin”, integrato da COMSUBIN/GOI, 17º Stormo Incursori e Carabinieri (GIS), nonché da assetti ISR e Aviazione dell’Esercito, la TF-45 conduce operazioni di counterterrorism (CT), counterinsurgency (COIN) e ricognizione speciale (SR) ad alta complessità, includendo infiltrazioni/esfiltrazioni notturne, individuazione e designazione di obiettivi e supporto di precisione in stretta coordinazione con gli alleati.

Un’esperienza che ha consolidato e irrobustito standard, interoperabilità e dottrina dell’intero comparto.

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Operatori della Task Force 45 portano in salvo un commilitone ferito in un conflitto a fuoco – Copyright foto COLMOSCHIN.IT

Nasce la “Brigata Forze Speciali”, il COMFOSE

Nel 2013, a Pisa, nasce il COMFOSE – Comando delle Forze Speciali dell’Esercito, unità di livello brigata, per coordinare Forze Speciali (FS), Forze per Operazioni Speciali (FOS) e unità di supporto destinate alle OS. È una scelta strategica coerente con la Riforma dello Strumento Militare 2012: uniformare standard, addestramento, selezione, logistica, percorsi di carriera e gestione del personale.

Il COMFOSE coordina:

  • 9º Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” – (Livorno);
  • 185º Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore” – (Livorno);
  • 4º Reggimento Alpini Paracadutisti “Ranger” – (Verona);
  • CE.ADD.OS. – Centro Addestramento per le Operazioni Speciali;
  • Reparto Supporti alle Operazioni Speciali.

In parallelo, sul versante “ala rotante”, l’Esercito struttura un reparto dedicato, il 3º REOS “Aldebaran”, addestrato ai profili di volo tipici delle operazioni speciali, coordinato con il COFS nelle operazioni interforze.

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Bandiere di guerra dei reparti dipendenti durante la cerimonia di insediamento del COMFOSE – Copyright foto Esercito Italiano

Il quadro legale si aggiorna (2015)

Con l’art. 7-bis della legge 11 dicembre 2015, n. 198, viene stabilito che i servizi di intelligence (in particolare AISE) possono avvalersi delle forze speciali per missioni specifiche all’estero. Si colma così un vuoto normativo, allineando l’Italia ai modelli euro-atlantici e rafforzando l’architettura di cooperazione intelligence-FS per affrontare minacce transnazionali.

La maturità del sistema: validazioni, tiering e interoperabilità (2017-oggi)

Il crescente impiego NATO delle forze speciali italiane porta nel 2017 a un rafforzamento della struttura: si amplia il numero di reparti qualificati come Tier 1. Nell’ottobre 2018, durante l’esercitazione “Notte Scura 2018”, viene convalidato il Tier 1 per:

  • 4º Reggimento Alpini Paracadutisti “Ranger”;
  • 185º Reggimento RAO Paracadutisti “Folgore”.

Insieme al 9º “Col Moschin”, al GOI/COMSUBIN, al 17º Stormo Incursori e al GIS si definisce così il nocciolo duro delle FS italiane a prontezza elevata, pienamente interoperabili in ambito NATO SOF. Nel 2024 viene formalizzato il Tier 2 per il 1º Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”, che resta il bacino di selezione privilegiato per il GIS e una pedina fondamentale nelle missioni stability policing e force protection avanzata.

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Operatore del 185º RAO “Folgore”. Il Reggimento viene validato forza speciale tier 1 nell’ottobre 2018 insieme al 4º Reggimento Alpini Paracadutisti Monte Cervino – Copyright Ministero della Difesa

Chi fa cosa: reparti e supporti

I reparti di Forze Speciali (FS)

Il supporto operativo alle Operazioni Speciali (SOOS)

Le forze speciali vivono di supporti dedicati:

  • 3º REOS “Aldebaran” (Esercito): ala rotante per operazioni speciali, profili NVG, infil/estrazioni speciali;
  • 21º Gruppo Volo del 9º Stormo “F. Baracca” (AM): trasporto tattico e supporto air-to-SOF;
  • Reparto Eliassalto del 1º Gruppo Elicotteri (Marina): capacità anfibie e assalto da piattaforme navali;
  • 11º Reggimento Trasmissioni (EI) e 28º Reggimento Comunicazioni “Pavia” (EI): C4ISR, cyber security, guerra elettronica difensiva/offensiva, collegamenti “last mile” e reach-back.

Le unità di “coronamento”

Il COFS può impiegare, a seconda del teatro, unità di coronamento che ampliano il ventaglio di competenze:

  • Plotoni esploratori paracadutisti dei 183º, 186º, 187º “Folgore”;
  • 1º Squadrone Esploratori paracadutisti “Savoia Cavalleria (3º)”;
  • Plotone esploratori anfibi “Serenissima” (lagunari);
  • Compagnia combat support del 1º Reggimento “San Marco”;
  • Fucilieri dell’Aria del 9º Stormo e STOS del 16º Stormo “Protezione delle Forze”.

Questa architettura “a piramide” consente di scalare lo sforzo operativo: nuclei di FS Tier 1, supporti dedicati, e una corona di assetti esploranti/abilitanti che espandono la persistenza, la copertura e l’interdizione.

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Incursori del COMSUBIN/GOI a bordo di un gommone – Copyright US Navy ID: 100528-N-3136P-204

Gli operatori: selezione, corsi, brevetti, mestieri

Nell’Esercito la formazione si articola in una fase comune e una fase specialistica:

Fase comune (COMFOSE/CE.ADD.OS.)

  • Selezione fisica (test progressivi);
  • Selezione attitudinale (2 settimane, stress test psicofisici e motivazionali);
  • Paracadutismo militare (CAPAR Pisa, apertura automatica) per i non provenienti dalle aviotruppe;
  • OBOSOperatore Basico Operazioni Speciali (≈ 12 settimane), fondamenti tattici, tiro avanzato, topografia, comunicazioni, TCCC, pianificazione.
  • SERE level C: Survival, Evasion, Resistance, Extraction (Sopravvivenza, Evasione, Resistenza, Estrazione).

Fase specialistica

  • Incursore (≈ 50+ settimane al 9º “Col Moschin”);
  • Acquisitore (≈ 50+ settimane al 185º RAO);
  • Ranger (≈ 40+ settimane al );

Figure di supporto OS

  • Mitragliere di bordo OS (crew-served weapons);
  • Operatore STOS (Supporto Tattico Operazioni Speciali), con competenze in protezione, trasmissioni, mobilità.

Il brevetto “Incursore” (DM 2 maggio 1984)

Il brevetto militare da “Incursore” comporta una variazione matricolare e un pacchetto indennitario specifico (tra cui la supplementare Incursori pari al 180% dell’indennità operativa di base ai sensi della L. 78/1983, oltre a indennità Forze Speciali). I corsi sono organizzati da:

  • Esercito (tramite COMFOSE/CE.ADD.OS.);
  • Marina (Scuola Incursori del Varignano, ≈ 1 anno su tre fasi + fase finale);
  • Aeronautica (BIAM a Furbara ≈ 4 mesi + PC-FS ≈ 6 mesi);
  • Carabinieri (per GIS, candidati dal “Tuscania”, ≈ 1 anno in due fasi).

Cosa fanno le Forze Speciali italiane

Compiti “core”

  • Azioni dirette (direct action): sabotaggi, incursioni su obiettivi di alto valore, raids chirurgici;
  • Ricognizione speciale: osservazione in profondità, battlefield shaping, designazione bersagli;
  • Assistenza militare: addestramento, mentoring, abilitazione forze partner.

Compiti “plus”

  • Antiterrorismo e liberazione ostaggi (GIS in primis, ma anche assetti interforze in teatro);
  • Evacuazione connazionali (NEO) da aree instabili;
  • Controproliferazione CNBR (chimico, nucleare, biologico, radiologico).

Il valore delle FS non è solo “tattico”. È strategico: piccole formazioni ad alto know-how risolvono problemi che grandi unità convenzionali non possono affrontare senza escalation. Sono strumenti politici oltre che militari: consentono di dare segnali, creare deterrenza, negoziare dal forte.

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Incursori del “Col Moschin” e del GOI in arrivo all’aeroporto di Ciampino dopo l’evacuazione dei cittadini italiani in Sudan (aprile 2023). — Copyright EFE

Le “quattro stelle” organizzative: COFS, 2ª Brigata Mobile, 1ª Brigata Aerea OS, COMFOSE

  • COFS (2004): cervello interforze, pianificazione ed esecuzione delle OS, validato NATO come SOCC;
  • 2ª Brigata Mobile Carabinieri (2001): inquadra forze impiegate all’estero, incluso GIS e Tuscania;
  • 1ª Brigata Aerea “Operazioni Speciali” (AM, 2007): ombrello di governance per assetti FS/FoP aeronautici;
  • COMFOSE (EI, 2013): armonizza standard, metodi e formazione del comparto terrestre FS/FOS.

Tutti i reparti di forze speciali, pur dipendendo dalle rispettive Forze Armate, in operazioni sono sotto il COFS, a sua volta incardinato nello Stato Maggiore della Difesa. È la garanzia che dottrina, catena di comando e logistica parlino la stessa lingua, dall’ordine politico all’ultimo operatore sul terreno.

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Carabinieri del GIS – Copyright Ministero della Difesa

Continuità e discontinuità: dagli Arditi alla rete interforze

Guardando indietro, il percorso appare coerente:

  • Continuità: piccole unità, selezione severa, iniziativa sul terreno, integrazione mezzi, audacia calcolata;
  • Discontinuità: tecnologia (NVG, piattaforme ISR, cyber), quadro legale, pianificazione interforze, interoperabilità NATO, cultura di precision engagement.

La figura di Edoardo Acconci offre un simbolo potente: dall’azione “artigiana” nel deserto africano alla formalizzazione dottrinale a Cesano, fino all’attuale ecosistema SOF italiano – dove ogni gesto è codificato, addestrato, validato, misurato.

Conclusioni: una punta di lancia affilatissima e concreta

Le Forze Speciali italiane di oggi sono professionali, integrate, proiettabili. Hanno imparato a colpire poco e bene, a vedere prima e più lontano, a sostenere partner nei teatri fragili, a operare nell’ombra quando serve. La validazione NATO del COFS come SOCC proiettabile sancisce un dato: l’Italia non è un comprimario nel mondo SOF, ma un attore credibile e affidabile.

E tuttavia, la loro forza più grande resta la stessa degli Arditi: l’uomo.

Selezionato, formato, responsabilizzato.

Dalla battaglia del Solstizio ai cieli di Pisa, dai fiordi addestrativi alla polvere afgana, dai moli del Varignano ai ponti in notturna del REOS: è la qualità dell’operatore – cervello e carattere – a fare la differenza.

La storia iniziata un secolo fa non è un album di imprese: è un metodo. Le forze speciali italiane hanno trasformato quell’intuizione in sistema.

E per questo, oggi, quando la politica chiede soluzioni in scenari ambigui e ad alta sensibilità, l’Italia può rispondere con una punta di lancia che unisce tradizione e innovazione, prudenza e decisione, discrezione e concretezza.

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Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor. Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET e DIFESANEWS.COM. Blogger e informatico di professione

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