L’organizzazione militare moderna, come sottolinea Benjamin Jensen, Professore di Studi Strategici presso la Marine Corps University, conserva ancora una struttura che sarebbe riconoscibile a un ufficiale dell’esercito di Napoleone. Questa architettura industriale, concepita per gestire eserciti di massa, ha portato a quartier generali sempre più grandi e ingombranti, che oggi rischiano di diventare un grave punto debole. L’enorme quantità di personale e la complessità delle catene di comando rendono la coordinazione un incubo, rallentando le decisioni e creando bersagli vulnerabili per l’artiglieria di precisione, i missili e i droni moderni. Il conflitto in Ucraina ne è la prova lampante, con i cosiddetti “cimiteri di posti di comando” russi, dove quartier generali statici sono stati distrutti.
In questo scenario, l’intelligenza artificiale (IA) emerge come una potenziale soluzione rivoluzionaria. Gli agenti IA, software autonomi e orientati a obiettivi, possono automatizzare compiti di routine, analizzare grandi quantità di dati e persino formulare piani operativi. Questi assistenti digitali permettono di ridurre le dimensioni del personale, rendendo i posti di comando più piccoli, agili e resistenti. L’IA non rimpiazza il fattore umano, ma lo potenzia, consentendo ai comandanti di prendere decisioni più rapide e informate. Questi agenti possono, ad esempio, analizzare manuali di dottrina, generare corsi d’azione alternativi e valutare scenari complessi, liberando il personale dalla creazione di presentazioni e permettendogli di concentrarsi sull’analisi di contingenze. La chiave di questa trasformazione è il ciclo di feedback continuo uomo-macchina, che combina l’esperienza umana con la capacità analitica dell’IA per creare piani più flessibili e adattabili.

Per comprendere come un comando potenziato dall’IA potrebbe operare, il Center for Strategic & International Studies ha esplorato tre scenari operativi tipici della competizione tra grandi potenze (Scenario Taiwan) : i blocchi aereo-navale dell’isole, gli attacco missilistico su HVP e le campagne di sbarco anfibio. In questi contesti, un team di ricerca ha sviluppato un approccio innovativo, chiamato Modello di Staff Adattivo, che integra gli agenti IA in cicli di feedback costanti con il personale umano. Questo modello, che si basa sui lavori del sociologo Andrew Abbott, non prevede una pianificazione lineare e finita, ma un processo continuo, in cui l’IA genera un menu di opzioni che il comandante può raffinare ed eseguire.
I test hanno dimostrato che questo approccio supera di gran lunga i metodi tradizionali, offrendo una maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del campo di battaglia. L’IA può simulare scenari di “red teaming” più dinamici (il gioco del ruolo del nemico) e variare le ipotesi chiave, offrendo un ventaglio di soluzioni più ampio rispetto alla pianificazione convenzionale. Tuttavia, non mancano i rischi. Gli agenti IA, se non adeguatamente addestrati, possono essere affetti da pregiudizi o avere una conoscenza limitata del contesto bellico. Inoltre, c’è il pericolo che gli utenti si affidino ciecamente all’IA, perdendo la capacità di pensiero critico e di ragionamento analitico, una sorta di “pigrizia mentale” che l’IA non può compensare.

Per cogliere appieno il potenziale dell’IA, le forze armate dovranno intraprendere una serie di riforme radicali. La prima riguarda l’infrastruttura: sarà necessario investire in una maggiore potenza di calcolo per supportare l’implementazione degli agenti IA su vasta scala. La seconda è la sicurezza informatica. I nuovi sistemi dovranno essere protetti e testati contro attacchi cibernetici ed elettronici che potrebbero paralizzare l’intero staff. La terza, e forse più importante, è la formazione del personale. Gli ufficiali dovranno imparare a lavorare con gli agenti IA, non solo a usarli, ma a comprenderne il funzionamento e a costruirli. Le scuole militari dovranno rivedere i loro programmi di studio, trasformando le aule in laboratori dove sperimentare nuovi approcci al comando.
Senza questi cambiamenti, le forze armate rischiano di rimanere intrappolate nella “trappola napoleonica”, continuando ad aggiungere personale per risolvere problemi sempre più complessi, con risultati decrescenti. La transizione verso l’era del comando basato sull’IA non sarà semplice, ma è un passo inevitabile per mantenere un vantaggio competitivo nel futuro del conflitto. Abbracciare l’innovazione non è solo una questione di efficienza, ma di sopravvivenza in un mondo dove la velocità e la precisione sono fondamentali.

Il Futuro dei Posti Comando: da Napoleone all'Intelligenza Artificiale






