Nel cuore del deserto egiziano, dove la storia si fonde con la sabbia e il vento sussurra racconti di eroismo, si erge il Sacrario Militare di El Alamein, un luogo sacro che trascende la sua funzione di cimitero per divenire un vero e proprio tempio della memoria. Questo sito non è semplicemente un monumento, ma un simbolo vivente dell’indomito spirito dei soldati che combatterono e caddero durante la Seconda Battaglia di El Alamein, tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1942. Qui riposano oltre 5.200 eroi italiani, ma è l’eco delle oltre 50.000 vite coinvolte in quel conflitto – tra caduti, feriti e prigionieri – a risuonare con forza, ricordandoci il loro coraggio nel difendere la bandiera tricolore.

Il Sacrario, mirabilmente concepito dall’ingegnere e ufficiale Paolo Caccia Dominioni, già Ufficiale del Genio alpino e Comandante del XXXI battaglione guastatori del Genio in Africa settentrionale, sorge al km 120 della litoranea Alessandria d’Egitto-Marsa Matruh, su un’ampia zona di terreno collinoso. Il toponimo arabo “Tel El Alamein” significa non a caso “la collina delle vette gemelle”, un luogo predestinato a divenire la vetta della memoria. Tutto intorno si estende la vasta pianura desertica, teatro delle grandi battaglie di El Alamein.
L’opera muraria si compone di tre distinti blocchi di costruzioni, testimonianza della minuziosa cura con cui è stato ideato: il Sacrario propriamente detto, il complesso degli edifici situati lungo la strada litoranea e la base italiana di “Quota 33”.
Il Sacrario vero e proprio è costituito da una torre ottagonale, leggermente rastremata verso l’alto, che si allarga alla base in un ampio padiglione. All’interno di questa maestosa struttura sono custodite le Spoglie dei Caduti, ognuno un frammento prezioso di quella memoria collettiva che deve essere custodita e tramandata.
A circa 500 metri a nord-ovest del Sacrario, su una collinetta, sorge la base italiana di QUOTA 33. Questo luogo è intriso di eroismo, poiché qui si sacrificò il 52° Gruppo Cannoni da 152/37 il 10 luglio 1942, un atto di valore che non cedette allo strapotere dell’attacco australiano. Proprio a Quota 33 fu costruita nel 1948 la Base Italiana, monumento al valore degli artiglieri e punto di partenza per 355 ricognizioni desertiche, che coprirono oltre 400.000 chilometri di percorso per il pietoso recupero dei Caduti. La costruzione della base fu ultimata nel 1955.
Questa missione di recupero, a cura dei Reduci del 31° BATTAGLIONE GUASTATORI D’AFRICA, sotto gli ordini del Commissariato Generale Onoranze Caduti, non solo riportò a casa le oltre 5.200 Salme Italiane sparse nel deserto, ma partecipò anche al recupero di circa 6.000 Salme Tedesche o Alleate, e creò le opere architettoniche delle Necropoli Italiane di Alamein e Tripoli. Un’opera di abnegazione e rispetto, guidata dal Colonnello Paolo Caccia Dominioni, che con tenacia si dedicò a questa ardua e complessa ricerca, pur tra gli estesi campi minati che purtroppo causarono la morte di sette collaboratori indigeni nei dieci anni di ricerca.

Gli edifici situati lungo la strada completano il Sacrario, offrendo un percorso di memoria e riflessione. Questi includono:
El Alamein non è solo un luogo fisico; è un simbolo incancellabile dell’identità nazionale italiana, una testimonianza eterna di coraggio, unità e supremo sacrificio. Come recita la possente voce che si leva da questo luogo sacro: “Qui una voce si leva possente e ammonisce a mai disperare nei destini d’Italia”.
Eppure, proprio attorno a questo simbolo di eroismo, si sta giocando una nuova, cruciale battaglia: quella tra la sacralità della memoria storica e l’inesorabile avanzata dello sviluppo urbano. La rapidità e l’imponenza dei lavori di urbanizzazione, con progetti come New Alamein e Ras El-Hekma, stanno già cancellando in modo allarmante le tracce del passato. Le ruspe hanno distrutto sezioni significative del campo di battaglia storico, erigendo autostrade e nuove strutture proprio sopra le posizioni difese eroicamente.
La memoria di quei soldati non può essere inghiottita dalla modernità che avanza. Se da un lato è innegabile la necessità di sviluppo e progresso, dall’altro è imperativo assoluto che le nuove generazioni non dimentichino le radici da cui provengono. Il futuro che si sta costruendo nella regione deve convivere armoniosamente con il passato, senza che quest’ultimo venga sacrificato sull’altare del progresso. La battaglia tra memoria e modernità è solo all’inizio, e spetta a tutti noi l’onore e il dovere di preservare quella memoria, affinché continui a essere un faro di speranza, di orgoglio e di monito per le generazioni a venire.

El Alamein: Il Tempio della Memoria Inviolabile nel Deserto - DIFESANEWS.COM - Notizie difesa, sicurezza e geopolitica






