Hai mai sentito parlare di Palantir? È una delle aziende più influenti dell’ecosistema AI-difesa occidentale, pur mantenendo una visibilità pubblica molto più bassa rispetto a colossi come Nvidia, Meta o Amazon. Dietro il suo nome c’è già un programma: i Palantíri di J.R.R. Tolkien, le pietre veggenti con cui si osserva e controlla da lontano. Nel mondo immaginario, Sauron le usa per manipolare i suoi servi. Nel mondo reale, Palantir vuole essere la pietra veggente dei dati dell’Occidente.
La società nasce nel 2003 nella Silicon Valley, nel pieno della “guerra al terrore” post-11 settembre. L’idea di Peter Thiel, miliardario cofondatore di PayPal, e di Alex Karp, filosofo diventato manager, è semplice e radicale: usare algoritmi simili a quelli antifrode della finanza per trovare terroristi e reti criminali dentro enormi moli di dati governativi. Nel 2004 arriva l’investimento di In-Q-Tel, il fondo di venture capital della CIA, che apre a Palantir le porte dell’intelligence americana.
In quegli anni, tra Iraq e Afghanistan, il software Gotham viene usato per mappare reti di insorti, individuare ordigni improvvisati, incrociare report di pattuglie, immagini satellitari e database militari. Il prodotto funziona: dove prima servivano squadre di analisti e settimane di lavoro, ora una piattaforma aggrega tutto e mostra relazioni, pattern, bersagli. È il primo passo di Palantir verso il ruolo di infrastruttura software della sicurezza occidentale.
Ma la guerra non è l’unico orizzonte. La stessa capacità di unire dati sparsi e incompatibili affascina banche, industrie, governi civili. Nascono così gli altri pilastri: Foundry per aziende e sanità, Apollo per distribuire gli aggiornamenti ovunque – dal cloud ai bunker militari –, e AIP, l’Artificial Intelligence Platform che collega modelli di AI generativa ai dati reali dei clienti. Palantir non vende solo software: vende un modo di guardare e governare il mondo attraverso i dati.

Tecnologicamente Palantir si propone come uno strato che si sovrappone all’IT esistente: non chiede di ricostruire tutto da zero, ma collega vecchi database ministeriali, mainframe degli anni ’60, data lake moderni e flussi in tempo reale, trasformandoli in un’unica grande “mappa” digitale. Su questa ontologia entrano in gioco i modelli di AI, che stimano rischio, suggeriscono azioni, simulano scenari.

La svolta arriva con l’alleanza strategica con Nvidia. Palantir struttura i dati e i flussi; Nvidia mette a disposizione GPU, framework come CUDA-X e modelli come Nemotron. L’obiettivo dichiarato è trasformare Palantir nello standard per la logistica e la manifattura “AI-definita”: rotte, prezzi e scorte vengono ricalcolati in quasi tempo reale sulla base di domanda, meteo, vincoli di produzione, tensioni geopolitiche.
Questa combinazione di “cervello” software e “muscolo” hardware spinge il titolo in Borsa e rende Palantir una scommessa pure-play sull’AI nei settori governativi e industriali. Nel frattempo, l’azienda esce dalla nicchia militare ed entra in sanità e servizi pubblici:
Sul fronte corporate, nomi come BP, United Airlines, grandi retailer e gruppi alimentari usano Foundry per orchestrare supply chain globali, ridurre sprechi, anticipare guasti e colli di bottiglia. La promessa è sempre la stessa: trasformare dati sparsi in un cruscotto operativo unico, dove IA e decision-maker lavorano fianco a fianco.

Più Palantir cresce, più aumentano le ombre. Negli Stati Uniti, l’uso di Gotham da parte dell’agenzia per l’immigrazione ICE per integrare dati di visti, spostamenti, archivi sociali e biometrici nella pianificazione di raid e deportazioni alimenta le accuse di sorveglianza di massa contro migranti e comunità vulnerabili. Nel Regno Unito, la centralizzazione dei dati sanitari del NHS su una piattaforma gestita da una società con radici militari accende proteste di associazioni e ONG, preoccupate per possibili usi secondari dei dati e per il potere informativo concentrato in un soggetto privato straniero.
Nei teatri di guerra – dall’Ucraina al Medio Oriente – l’impiego di Gotham e AIP viene legato alla costruzione di catene di targeting sempre più automatizzate, in contesti già segnati da accuse di violazioni del diritto internazionale. Gli attivisti per i diritti umani temono una corsa all’armamento algoritmico in cui responsabilità e tracciabilità delle decisioni si fanno sempre più opache.
Sul piano politico, Palantir incarna il nuovo complesso tecno-militare. Peter Thiel, investitore influente nella nuova destra americana, e Alex Karp, CEO con formazione filosofica ma posizioni molto dure su sicurezza e politica estera, hanno costruito un’azienda che lavora a stretto contatto con eserciti, intelligence e governi. Karp ha definito apertamente i prodotti Palantir delle “armi” e ha paragonato l’impatto dell’AI militare a quello della bomba atomica nel ridisegnare il potere sul campo di battaglia.
In Europa, dove il nome Palantir ricorre quando si parla di difesa, intelligence e dati sanitari o fiscali, il nodo è quello della sovranità dei dati. Fra contratti con la NATO, progetti con governi nazionali e ambizioni nell’industria, il rischio è che un’infrastruttura privata americana diventi il sistema operativo di fatto per intere funzioni pubbliche europee. L’Italia, per ora, ha un coinvolgimento governativo più limitato, ma alcuni grandi gruppi industriali stanno già sperimentando Foundry per supply chain e trasformazione digitale: come Paese NATO e alleato chiave nel Mediterraneo, è probabile che nei prossimi anni il dialogo con Palantir su difesa e cyber-sicurezza si intensifichi.
La tentazione per governi e aziende è forte: ridurre i tempi d’indagine da settimane a ore, tagliare sprechi logistici, anticipare guasti, prevedere minacce in un mondo segnato da guerre ibride, crisi sanitarie e filiere fragili. Ma il prezzo potenziale è uno spostamento del baricentro delle democrazie verso una governance dominata da piattaforme opache, difficili da auditare e spesso fuori dalla portata del controllo parlamentare o giudiziario.
La vera domanda, soprattutto per Paesi come l’Italia, non è solo se accettare o rifiutare Palantir, ma a quali condizioni: con quali regole di trasparenza, quali obblighi di audit indipendenti, quali alternative tecnologiche – magari europee – e quanta capacità di dire “no” quando una pietra veggente digitale rischia di trasformarsi, da strumento, in architettura permanente del potere.






