Con un annuncio a sorpresa su Truth Social, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato al Dipartimento della Difesa di riavviare le procedure per i test di armi nucleari, interrompendo una pausa durata 33 anni e aprendo una fase di forte incertezza sull’architettura globale del controllo degli armamenti. L’ordine è arrivato mentre Trump si recava a Busan (Corea del Sud) per l’incontro bilaterale con Xi Jinping a margine del vertice APEC.
L’ultimo test nucleare statunitense, “Divider”, fu condotto il 23 settembre 1992 nel deserto del Nevada. Da allora Washington ha fatto affidamento su simulazioni avanzate, esperimenti sub-critici e manutenzione per garantire l’affidabilità dell’arsenale. Pur avendo firmato nel 1996 il CTBT (Trattato sulla messa al bando complessiva degli esperimenti nucleari), gli Stati Uniti non lo hanno ratificato: il divieto ai test è quindi rimasto una moratoria unilaterale, cioè una scelta politica, non un obbligo giuridico.
L’annuncio arriva a poche ore dalla dichiarazione del presidente Vladimir Putin sul test riuscito del siluro/“drone” subacqueo nucleare Poseidon e dopo le notizie su prove del cruise a propulsione nucleare Burevestnik. Questi sistemi, pensati per aggirare le difese antimissile, alimentano la pressione competitiva tra potenze nucleari.
Secondo il SIPRI Yearbook 2025, a gennaio 2025 il mondo conta circa 12.241 testate; 9.614 sono in riserve militari potenzialmente utilizzabili e circa 2.100 mantengono allerta operativa elevata, soprattutto negli arsenali di USA e Russia.
Se l’ordine diventasse operativo, il baricentro tornerebbe nel deserto del Nevada: il Nevada National Security Site (NNSS), storica sede dei test sotterranei, offre già infrastrutture e competenze per riattivare una campagna di prove. La NNSA guiderebbe la parte scientifica e ingegneristica, mentre l’Air Force Global Strike Command (AFGSC) curerebbe l’integrazione con le forze strategiche (ICBM e bombardieri), trasformando gli esiti sperimentali in criteri di deterrenza e prontezza.
È vero che dal 1992 gli Stati Uniti non detonano ordigni, ma mantengono comunque l’arsenale con lo Stockpile Stewardship: calcolo ad alte prestazioni, diagnostica e esperimenti sub-critici nel sottosuolo del Nevada. Per molti tecnici nucleari, questo è sufficiente; per altri “solo” un test sotterraneo “pieno” chiarirebbe i margini di incertezza sulle configurazioni più avanzate.
Il tempismo dell’annuncio — alla vigilia del vertice con Xi Jinping — ne amplifica il messaggio strategico verso Pechino e Mosca. Ma riaprire ai test comporterebbe tempi, autorizzazioni e costi non banali, oltre al rischio di erodere la moratoria e incentivare una nuova competizione tra potenze nucleari.

Test nucleare negli Stati Uniti (Nevada), 1951 - Copyright US Government






